«Non è emerso alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3»...


Lo ha detto la procura di Catania, che ha aperto un'indagine sui trafficanti libici e ha stabilito che il soccorso dei 47 migranti era dovuto.


La procura di Catania ha aperto un’indagine a carico di ignoti sullo sbarco dei 47 migranti a bordo della Sea Watch 3: ma l’obiettivo, a differenza di quanto avvenuto in passato e di quanto si sospettava potesse succedere anche questa volta, sono i trafficanti libici e non l’equipaggio della nave che, secondo le prime indagini, ha tenuto una condotta lecita. La procura di Catania ha specificato in una nota diffusa sabato mattina che «non è emerso, pertanto, alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3».

La Sea Watch 3 aveva fatto sbarcare i 47 migranti a Catania dopo giorni passati in mare, nell’ennesimo stallo dovuto all’opposizione del governo all’accoglienza dei migranti in Italia. Quando la nave, che era al largo di Siracusa, aveva ricevuto infine l’autorizzazione di attraccare a Catania, in molti – tra cui la stessa ong – si erano detti preoccupati: il procuratore capo di Catania è infatti Carmelo Zuccaro, lo stesso che in questi anni ha cercato spesso e inutilmente di dimostrare un legame tra ong e trafficanti di esseri umani, senza che nessuna delle sue indagini sia mai arrivata a processo. Questa volta, le indagini sembrano avere escluso fin dall’inizio responsabilità penali dell’equipaggio della nave della ong, e si concentreranno su chi ha organizzato la traversata del gommone soccorso dalla Sea Watch 3: l’ipotesi è quella di associazione a delinquere finalizzata all’agevolazione dell’immigrazione clandestina.

Lo stesso Zuccaro ha spiegato che, inizialmente, le dichiarazioni raccolte dai lunghi interrogatori fatti ad alcuni migranti erano sembrate contraddire quelle dell’equipaggio della nave. Ma le indagini hanno confermato, dice la nota, che la situazione di difficoltà del gommone su cui viaggiavano i migranti «giustificava il soccorso da parte di Sea Watch 3» per via della «palese inidoneità tecnica del gommone ad affrontare la traversata» e dal fatto che si stava sgonfiando a una velocità che «avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante».

L’altra accusa mossa dal governo italiano – cioè dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e da quello delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli – all’equipaggio della Sea Watch 3 era stata di aver navigato verso l’Italia e non verso la Tunisia, che era più vicina. Ma la nota dice che «tale decisione è apparsa giustificata agli investigatori perché la rotta tunisina avrebbe costretto la nave a muoversi in direzione della perturbazione meteo in arrivo». Le indagini hanno poi verificato che dalla Tunisia non arrivarono risposte alle richieste dal Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo olandese. La nota dice anche che la Sea Watch non ha tentato di affrettare l’intervento per anticipare le navi della guardia costiera libica, perché «per ben due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta in quella zona».

C’è un ultimo punto che riguarda l’aspetto della struttura della Sea Watch 3: la procura ha confermato «l’inidoneità tecnico strutturale della predetta motonave a effettuare un’attività sistematica di soccorso in mare». Come spiega la stessa nota, i Paesi Bassi, il paese dove è registrata la nave, hanno cambiato le normative per «le imbarcazioni da diporto nel caso di natanti che intendono svolgere in mare un’attività sistematica di soccorso dei migranti». Queste norme però non sono applicabili alle navi già registrate e quindi, di fatto, la Sea Watch 3 è regolare: la procura ha detto che questo problema «presenta però dei profili generali di sicurezza per la navigazione» che coinvolgono «tutti i Paesi che sono coinvolti a vario titolo nelle attività svolte in mare dalle Ong». Non è quindi ancora chiaro se su questo punto specifico l’indagine possa avere delle conseguenze per Sea Watch 3...

(Il Post)

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