Mediterraneo centrale, la rotta più letale al mondo...
Mediterraneo sei vittime ogni 24 ore. I numeri choc dell’Unhcr: nel 2018, sono 2.275 i migranti che hanno perso la vita in mare, un morto ogni 14 arrivi per l’assenza di soccorsi.
-«Una corsa tra paesi a non prendere migranti, quasi una gara contro la solidarietà dettata da motivi politici. C’è un’atmosfera tossica»
Mare più pericoloso al mondo
con più morti e meno soccorsi
Mediterraneo centrale, la rotta più letale al mondo.
Attraversare il Mediterraneo centrale significa affrontare la rotta più letale al mondo denuncia, numeri alla mano, l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati.
Più morti e meno soccorsi. «I rifugiati e i migranti che hanno tentato di raggiungere l’Europa attraverso il Mar Mediterraneo nel 2018 hanno perso la vita a un ritmo allarmante, mentre i tagli alle operazioni di ricerca e soccorso hanno consolidato la posizione di questa rotta marittima come la più letale al mondo».
Rapporto ‘Viaggi Disperati’, pubblicato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in media sei persone hanno perso la vita nel Mediterraneo ogni giorno.
Meno migranti vivi. 2.275 persone sarebbero morte o disperse durante la traversata nel 2018, nonostante il calo considerevole del numero di quanti hanno raggiunto le coste europee. 139.300 rifugiati e migranti in Europa, il numero più basso degli ultimi cinque anni.
Meno soccorsi meno migranti?
Il rapporto ricorda come un cambio delle politiche adottate da alcuni Stati europei abbia portato a numerosi incidenti con un numero elevato di persone soccorse ma lasciate in mare alla deriva per giorni, in attesa dell’autorizzazione a sbarcare. Cronaca ormai ciclica qui in Italia, con attualità giudiziarie e politiche a catena. Di fatto, restrizioni vincenti alle operazioni di ricerca e soccorso delle Ong nel Mediterraneo.
Soccorsi dovuti dalla sacre leggi del mare o complicità indiretta con i trafficanti di esseri umani?Polemica irrisolta con ministro all’assalto sempre pronto a rintuzzarla. Sta di fatto che lungo le rotte dalla Libia all’Europa, una persona ogni 14 arrivate in Europa, ha perso la vita in mare, con una impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017.
Per quelli che ancora non si giocano la vita in mare, l’inferno Libia dove hanno dovuto affrontare condizioni terribili nei centri di detenzione.
Nuove rotte della disperazione
Il rapporto rivela cambiamenti significativi nelle rotte seguite dai rifugiati e dai migranti. Per la prima volta in anni recenti, la Spagna è divenuta il principale punto d’ingresso in Europa con circa 6.800 persone arrivate via terra (attraverso le enclavi di Ceuta e Melilla) e altre 58.600 arrivate in seguito alla pericolosa traversata del Mediterraneo occidentale. Risultato, che il bilancio delle vittime in quel tratto di mare quasi quadruplicato, da 202 decessi nel 2017 a 777 lo scorso anno. Circa 23.400 rifugiati e migranti sono arrivati in Italia nel 2018, un numero cinque volte inferiore rispetto all’anno precedente. La Grecia ha, invece, accolto un numero simile di arrivi via mare, circa 32.500 persone rispetto alle 30.000 del 2017, ma ha registrato un numero quasi tre volte superiore di persone giunte attraverso il confine terrestre con la Turchia.
Altrove in Europa, circa 24.000 rifugiati e migranti arrivati in Bosnia-Erzegovina, in transito attraverso i Balcani occidentali. A Cipro sono arrivate diverse imbarcazioni di siriani salpate dal Libano, mentre un numero limitato di persone ha tentato di raggiungere il Regno Unito via mare dalla Francia verso la fine dell’anno.
Meno arrivi a molti più morti
Sintesi «Viaggi disperati» Unhcr: meno arrivi nelle coste europee, ma molto più morti nel tentare la traversata. 2.275 le persone scomparse attraversando il Mediterraneo nel 2018, un decesso ogni 14 arrivi. Nel 2017, era uno su 38, quindi, si muore due volte di più.
«Salvare vite in mare non è un’opzione né una questione politica, ma un imperativo primordiale», prova a ripetere Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni unite per i rifugiati. «I governi spostano il problema fuori dai loro confini invece di risolverlo. In Libia i paesi europei hanno rafforzato solo la Guardia costiera, perché questo contribuisce a ridurre gli sbarchi, ma i migranti salvati entrano nel circolo vizioso dei centri di detenzione in condizioni orribili».
La conclusione è amara: «Si è creata una corsa tra paesi a non prendere migranti, quasi una gara contro la solidarietà dettata da motivi politici interni. Non vedo la volontà di risolvere i problemi, c’è un’atmosfera tossica»...
(RemoContro)
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