Quindici naufraghi muoiono al largo della Libia dopo un'agonia di 11 giorni senza bere...
Una strage figlia della criminalizzazione delle Ong e della pressione su mercantili e pescherecci per non aiutare chi è in difficoltà in mare.
Una strage che sta sulla coscienza di tutti coloro che hanno criminalizzato le Ong, che premono (direttamente o indirettamente) perché mercantili, pescherecci o altre imbarcazioni ignorino la legge del mare e non raccolgano naufraghi se non vogliono restare giorni e giorni in mezzo al mare (con grave danno economico) aspettando un porto che li faccia attraccare.
Ora è emersa una storia terribile; «Sono rimasti 11 o 12 giorni in mare», «senza bere né mangiare»: lo ha sostenuto una fonte del Commissariato di polizia di Misurata fornendo dettagli sulla morte di migranti a bordo di un barcone al largo delle coste libiche.
La fonte, contattata per telefono dall'agenzia Ansa, ha precisato che i migranti sul barcone erano 25 e a morire sono stati in 15 (uno in più di quanto annunciato da un portavoce le forze di sicurezza di Misurata) mentre si conferma che i superstiti sono 10.
I migranti, «di differenti nazionalità africane», erano salpati da Sabrata, a una settantina di km a ovest di Tripoli, e sono stati trovati «al largo di Misurata», ha detto la fonte riferendosi alla città situata circa 180 km a est della capitale.
Tra i sopravvissuti vi sono «due egiziani e due donne etiopi», ha detto la fonte che ha preferito rimanere anonima e che ha detto di basarsi su loro testimonianze. «Quando uno moriva, gli altri lo gettavano in mare», ha riferito...
(Globalist)
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