Il nostro Antonio, la piccola morta per sete e fame. Quando la vita degli altri ci insegna a vivere...


Il giornalista italiano tra la vita e la morte dopo la strage di Strasburgo e la piccola guatemalteca che non ha retto agli stenti durante il viaggio della speranza per vivere negli Stati Uniti.

di Onofrio Dispenza
"Dal destino di Antonio, ci viene trasmessa l'urgenza di insegnare ai nostri figli che bisogna rispettare la vita, la vita degli altri, dare un valore primario all'amore". La considerazione di un'amica mi consente di fermarmi a pensare, di pensare, tutti noi, raccolti, al capezzale di due notizie, di due eventi profondamente drammatici, tragici. Una bambina che si spegne per sete fame e stenti nel tentativo di raggiungere, con la famiglia, una vita migliore in America. L'altra, il letto circondato da una profonda, incommensurabile angoscia, in un reparto di rianimazione di Strasburgo che, ora dopo ora, appare forse inutile.
Due vite spezzate, come tante ogni giorno, si pensi alla strage di innocenti nello Yemen. Fermarci sul destino parallelo - seppure distante - della piccola guatemalteca e del nostro Antonio è un modo per proiettarle tutte nella parete che ci sta dinanzi. Una dopo l'altra, in una sequenza infinita. Vederle sfilare, impietose, dovrebbe portarci a riconsiderare la nostra quotidianità, le nostre certezze, le nostre sentenze.

La bambina morta in un ospedale americano era partita, come tanti altri, con la sua famiglia dal poverissimo Guatemala, dove non è detto che si riesca a mangiare, anche se sei un bambino. Chilometri e chilometri, il deserto, la frontiera, la dura polizia di frontiera di Donald Trump. La piccola era stata arrestata, ufficialmente "presa in consegna". Di fatto, arrestata. Con lei, un gruppo di 163 disperati sud americani, uno spicchio di quella drammatica, epica migrazione da uno dei Sud del Mondo verso la ricca America del Nord che prima accoglieva e che ora alza alti muri, dividendo l'umanità tra chi ha diritto a vivere e chi no.

Senza acqua e senza mangiare, sfinita dal viaggio a piedi, qualche ora dopo la "presa in consegna", la piccola ha avuto violente convulsioni. Inutile il ricovero in ospedale. Una piccola vita spenta, come quelle altre che con poco scandalo del mondo si spengono ogni giorno nello Yemen. Piccoli pelle e ossa che sono la riproposizione degli scheletri viventi che la Storia ci ha consegnato dai lager.
Più vicino a noi, Antonio. Ragazzo pieno di vita, capace di sognare un mondo diverso e migliore, che con le sue idee del mondo rende ridicole le frontiere che si vorrebbero alzare anche all'interno di questo Nord del mondo chiamata Europa e che alcuni vorrebbero disseminare di frontiere, altri cancellare. "La vita è un attimo - continua la considerazione della mia amica - E troppo spesso lo sprechiamo pensando che tutto sia eterno. Le amiche, le colleghe che erano con Antonio - ricorda - raccontano che il killer li ha guardati, ha puntato l'arma a turno contro ognuno di loro. Poi ha scelto di sparare contro il ragazzo".
Destino atroce, a Strasburgo come alla frontiera del New Messico. Ecco, gli occhi che si spengono nell'inferno della frontiera messicana, consumati da una profonda, scandalosa ingiustizia, e quel corpo inanime di Strasburgo, che può contare solo su Dio, sugli occhi consumati di lacrime di una ragazza, dei genitori, dovrebbero essere la mappa del nostro pensiero quotidiano...

(Globalist)


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