Come la manovra snatura i 5 Stelle....
Elisabetta Gualmini
Cosa rimane del Movimento 5 Stelle dopo il primo e più importante test di governo e cioè la manovra finanziaria, approvata ieri sul filo di lana tra liti, urla e proteste di Camera e Senato? Per chi come me - un po' di anni fa - ha studiato la nascita e lo sviluppo di questo "strano" movimento politico, le differenze tra i miti fondativi e la prova di governo sono abissali.
Partiamo dal metodo. Per anni il Movimento 5 Stelle ha rivendicato l'assoluta centralità del Parlamento, contro il potere esecutivo, contro i governi dei nominati che decidevano in modo unilaterale svilendo e derubricando il dibattito parlamentare (degli eletti del popolo) a inutile e dannoso orpello. Ebbene, il governo Conte non solo ha messo la fiducia su tutti i suoi principali provvedimenti (dal milleproroghe al peculato, al decreto sicurezza), superando in quantità sia Letta che Renzi, ma ha addirittura presentato una manovra diversa al Senato, dopo la riscrittura dei tecnocrati europei, impedendo qualsiasi discussione sul merito e guadagnandosi un ricorso alla Consulta per violazione dell'articolo 72 della Costituzione.
Se poi passiamo ai contenuti, i bocconi amari ingoiati da Di Maio pur di non far traballare il governo del cambiamento non si contano sulle dita di una mano. Citiamo i più noti. La pace fiscale, che altro non è che un condono, con cancellazione delle liti pendenti e rottamazione dei carichi fiscali per moltissimi cittadini, in barba a quelli che hanno sempre rispettato gli obblighi fiscali. L'innalzamento della soglia entro la quale procedere ad affidamenti diretti negli appalti, ovvero da 40 mila a i 150 mila euro, in direzione esattamente contraria a quanto da sempre rivendicando dal Movimento 5 Stelle alla voce lotta alla corruzione. I tagli ai comuni che vorranno dire tagli ai servizi per i cittadini e la rinuncia ai fondi per le periferie fanno tabula rasa del desiderio di aiutare i deboli, i fragili, le categorie meno protette. Ma è soprattutto il reddito di cittadinanza in miniatura che dà il segnale dell'intera manovra. Un reddito striminzito e ridotto all'osso (soli 6 miliardi) che arriverà ad una platea molto più ridotta di quella ipotizzata e con un sussidio monetario decurtato rispetto alle promesse. Con centri per l'impiego che dovranno rivoluzionare il proprio personale e le proprie attività con solo 1 miliardo.
Ora, era legittimo pensare che il contributo del Movimento 5 Stelle al governo del popolo fosse quello di una maggiore redistribuzione e di un segno più sulla protezione sociale, che secondo buon senso, doveva essere realizzata grazie anche a un altro segno più sulla crescita e gli investimenti. Il risultato tuttavia è decisamente molto al di sotto delle aspettative e surclassato da una legge di bilancio fondamentalmente recessiva che, in forma aggregata, aumenta la pressione fiscale, riduce gli investimenti e mette dentro un po' di tutto, anche una patrimoniale sulla solidarietà, come nella più vecchia e consolidata tradizione delle manovre elettorali con mance di qua e di là che più che il cambiamento portano il nostro paese a una insopportabile deriva...
(Huffpost)
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