Napoli, il papà single Luca Trapanese adotta una bimba Down rifiutata da 7 famiglie: «Alba mi ha reso felice»...
L’ha accolta quando aveva solo 7 giorni: «Un figlio disabile non è una opportunità di serie b, ma una scelta consapevole rispetto alla mia vocazione e alle mie capacità».
di Mirella Armiero
Alba ha la risata contagiosa da bambina felice e la disabilità non toglie niente alla sua luminosa bellezza. Occhi azzurri, capelli biondissimi, nasino piccolo e schiacciato come accade a chi nasce con la sindrome di Down, Alba si rotola sul letto, ammicca, nasconde il visino, chiama il papà, si strofina al gatto Giorgio. Luca Trapanese ha avuto in affido Alba (che oggi ha 18 mesi) a poche settimane dalla nascita e l’ha adottata al compimento del primo anno. La vicenda fece scalpore: sette famiglie in attesa di adozione avevano rifiutato la bambina, abbandonata in ospedale dalla mamma subito dopo il parto. Poi il tribunale scelse per lei Luca, un single napoletano che aveva chiesto di diventare padre senza porre alcun limite. Luca, anzi, desiderava in particolare essere il papà di un minore disabile o vittima di violenza. Una decisione che aveva le sue ragioni profonde e che ora Luca Trapanese racconta in un libro in uscita per Einaudi, Nata per me , scritto a quattro mani con Luca Mercadante.
Volontario
Alla vigilia dell’arrivo in libreria, il papà quarantenne anticipa la sua storia al «Corriere del Mezzogiorno». Nessuna paura di prendersi una così grande responsabilità? «No, non avevo nessuna paura di adottare un bambino disabile. Era un’idea maturata in passato, con il mio compagno Eduardo, dal quale poi però mi sono separato. In realtà prima pensavamo di ricorrere a una madre surrogata, poi capimmo di poter dare un’opportunità a un bambino difficile da collocare. Da quando avevo 14 anni faccio volontariato e lavoro con disabili e quindi ritenevo di avere gli strumenti adatti per farlo. Dopo la separazione con il mio compagno, è stata l’opzione che per me ha prevalso. Così ho fatto richiesta nel registro speciale che consente ai single di adottare in condizioni particolari».
Le associazioni
Luca Trapanese ha fondato a Napoli l’associazione «A ruota libera», che si occupa di ragazzi Down, e poi «La casa di Matteo», per bambini gravemente ammalati. Infine anche «Il borgo sociale», a Marzano Appio, con tre residenze, fattoria, apicultura e tante altre attività per l’inserimento dei disabili nella vita lavorativa in piena autonomia. Insomma, Luca non è uno che volta la faccia dall’altro lato quando incontra una persona «diversa». Anzi, la diversità è per lui una possibile risorsa. «Un figlio disabile non è una opportunità di serie b, ma una scelta consapevole rispetto alla mia vocazione e alle mie capacità».
Le nonne
Tra l’altro, per l’orgoglioso papà Alba è una bambina normalissima, che va rimproverata se serve, ma soprattutto molto amata. E la mancanza di una mamma non sarà un problema? «Credo che Alba sarà una bambina felice, come lo sono io con lei. Nella sua vita ci sono tante figure di riferimento, a cominciare dalla tata Luisa e dalla sua madrina che è una delle mie migliori amiche oltre che coordinatrice di “A ruota libera”. Poi ha anche due nonne». Come due? I conti non tornano... «Qualche tempo fa sono stato legalmente adottato da una signora che ha un figlio disabile, che ora è mio fratello. Lei ci teneva che me ne occupassi io quando sarà solo e quindi ho due mamme». Le nonne sono affettuosissime con la nuova arrivata, come cugini e zii. Però, precisa Luca, «è con me che Alba mostra l’attaccamento maggiore, sa che sono io la sua famiglia». E infatti i sorrisoni di Alba si sprecano quando è lui ad avvicinarsi, mentre Luisa le dà la pappa.
Un rapporto speciale
Fin dall’inizio questo rapporto è stato così speciale? «Era il 27 luglio quando l’ho vista la prima volta. Un’emozione enorme. Mi dissero subito di cambiarla e io lo feci, tra l’altro lei era buonissima da piccola. Ora è più vivace, ma comunque non è una piagnona, è allegra. La prima notte insieme l’abbiamo passata da soli, perché ho pensato che dovevo cimentarmi subito nel suo accudimento. Altrimenti avrei cercato sempre l’aiuto di amici e familiari. È andata bene, ma per il primo bagnetto, nella casa di campagna, eravamo un esercito. Tanti amici e ragazzi delle associazioni che la volevano vedere e festeggiare».
Il «mestiere» del papà
Da allora, Luca ha imparato il mestiere di papà. E ha fatto tante amicizie con genitori, alcuni con figli Down. «Le mamme mi cercano, mi dicono che sono fortunato perché non ho avuto quei momenti iniziali di difficoltà ad accettare la disabilità. Quando arriva un figlio hai tante aspettative, vuoi che sia migliore di te, che faccia cose grandiose... il disabile distrugge queste aspettative, è il simbolo di un fallimento genetico. Poi quasi sempre diventa un figlio amatissimo. Io non ho vissuto questo drammatico inizio, ero già preparato. E sapevo che i Down sono di solito felici, allegri, giocosi, positivi. Spesso parlano con se stessi e si spronano da soli. Oggi non sono più “mongoloidi”, lavorano, fanno logopedia, psicomotricità, hanno delle potenzialità da sviluppare». Come sarà la vita di Alba? «Spero bellissima. Potrebbe lavorare come me nel sociale, ma, chissà, fare mille altre cose. Già da ora le piace cantare e ballare. Andrà a scuola, avrà amici e io la sosterrò». E un nuovo partner per il papà? Non sarà più difficile trovarlo con una figlia disabile a carico? «Se lo troverò sarà quello giusto, perché prenderà tutto il pacchetto». E il pacchetto è senz’altro di grande valore...
(Corriere della Sera)
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