Una mamma scrive a Repubblica: "Ai miei figli malati offro il dono della vita qui e ora"...


La lettera: "La lotta al cancro e la ricerca del bello. Ecco perché non avete capito Nadia Toffa".


di Mariangela Tari
Caro direttore, chi sta combattendo la sua battaglia per la vita merita rispetto. Se non siete capaci di starvene in silenzio, allora riflettete, pensate, e poi tacete per sempre. Anche se la stessa battaglia l’avete combattuta e persa, o se l’avete vinta con altre armi, non avete un contratto in esclusiva che indichi i punti cardinali del sopravvivere. Chi siete? Tutti lì a ricordare a una giovane donna, imperdonabilmente bella, brava e famosa, che lei ha il cancro. Tutti a ripetere, come in un film di Troisi, di ricordarsi che forse morirà. Qualcuno spingendosi oltre e passando ad augurarle questa fine.

Perché il cancro è un dono. È un dono, avete letto. E questo vi ha fatto imbestialire. E a dirlo, poi, una sciacquetta famosa curata sicuramente in qualche clinica privata. Il sottotesto non vi interessa.

La strada faticosa per arrivare a quella frase non vi interessa. Il lavoro messo in campo dal cervello per garantirsi una sopravvivenza non vi interessa. Siete incazzati. Mi spiace Per lei non per voi. Avete perso. Avete perso persone care e con loro la vostra anima. Mio figlio, Bruno 6 anni, ha il cancro. Al cervello. Medulloblastoma si chiama. Un nome indegno di essere pronunciato. Era il mio unico figlio sano. Sì. Ho una bimba più grande, Sofia, Sindrome di rett. Un destino infame.

Ho desiderato morire. Ma ora devo vivere. Come Nadia Toffa. E per vivere, e per lottare, e per sperare, devo trovare il bello.Devo dare a tutto questo un vestito che non sa di morte ma di vita. Allora tutto il mio dolore devo, è un dovere, trasformarlo in possibilità. Ed eccolo il dono che tanto vi ha mortificati. Il dono non è il cancro, il dono non è una malattia propria o dei propri cari. Dio!!! Mi caverei gli occhi e mi butterei nel fuoco per salvare i miei bimbi.

Il dono è cogliere in mezzo alla bufera qualcosa che ne dia un senso. Il mio dono è stato comprendere fino in fondo che la vita è qui ed ora. Che potrebbe non esistere un domani.
Allora il profumo del sugo di mia madre o la risata di un amico me li godo come se non ci fosse un domani. E il tempo. Ho tutto il tempo per i miei figli. Non corro.
Mi soffermo sul loro odore, i capelli, la pelle, le parole.

Me li vivo, oggi. Non ho fretta la sera, potrebbe essere l'ultima, e allora leggo loro libri, canto, rido. Ho avuto il dono di percepirmi sana. Non lo sapevo. Cammino, parlo. Mia figlia no.
Devo ringraziare per me.

Ho avuto il dono di scoprire la forza di mio marito, il suo amore. Ho avuto il dono di scoprire la tenerezza di mia cognata, la determinazione di mia sorella, le lacrime di mio cognato. Ho avuto il dono di sentire i nonni positivi, vicini, uniti. Ho scoperto quanto vale un amico vero. Ho aggiunto sorelle e fratelli al mio percorso. E ho scoperto che il cielo è meraviglioso dopo una giornata di inferno. Potrei continuare la lista dei miei doni.

Così come potrei elencarvi tutti i punti del mio corpo in cui sento il dolore per i miei bimbi. Ho passato gli anni più belli della mia vita, e di quella dei miei figli, in un ospedale. Ho perso tutto. Non ho niente.
Lasciatemi, vi prego, l'illusione di aver avuto in cambio almeno alcuni Doni. Lasciate me e Nadia in questa illusione. Vi prego, non ricordateci che, forse, il peggio deve ancora venire. Perderemmo le forze.
Perderemmo la battaglia...


(La Repubblica.it)

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