Ricordando la strage di Lampedusa: “Fare un’autopsia a una bimba di 3 anni fa male, quelle morti sono volute dagli uomini, non dal fato”...


Orlando Amodeo, primo dirigente medico della Polizia di Stato, oggi in pensione, a TPI racconta ciò che ha visto, quello che prova oggi, in concomitanza del quinto anniversario del naufragio di Lampedusa.


di Lara Tomasetta
“Il 3 ottobre 2013 è avvenuta una disgrazia che non dimenticheremo, quasi 400 persone sono morte praticamente a casa nostra, a poca distanza dal porto di Lampedusa. Eppure quel numero che ci ha impressionato, che ha suscitato attenzione, non era che la punta dell’iceberg. Decine di migliaia di morti si sono susseguite nel Mediterraneo. Oggi ancora più di allora”.

Queste sono le parole di Orlando Amodeo, 61 anni, primo dirigente medico della Polizia di Stato, oggi in pensione. Una vita in divisa a soccorrere le persone, ad aiutare gli ultimi. A TPI racconta ciò che ha visto, quello che prova oggi, in concomitanza del quinto anniversario del naufragio di Lampedusa in cui 368 persone persero la vita.

“Quando nel 1995 sono cominciati ad arrivare i migranti in Italia, mi hanno sempre detto che in tanti morivano già nel viaggio. E chi moriva veniva buttato in mare. In tutti gli arrivi, durante la navigazione ci sono stati morti. In Italia arrivano i non-morti. Lampedusa è un fatto eclatante, quello che ha dato visibilità alla morte. Se pensiamo a decine di migliaia di morti, solo quest’anno siamo quasi a mille morti”.

Sono passati cinque anni da quel naufragio, cosa accade oggi nel Mediterraneo?
Questo è stato un anno schifoso. Sono arrivate poche persone, certo, circa 3mila, ma dai dati che abbiamo adesso, siamo quasi a mille morti, circa 860 negli ultimi 4 mesi. Praticamente il 20 per cento di chi parte.

I migranti in arrivo sono in diminuzione per più motivi: in Libia stiamo facendo una strage, e l’assurdità di oggi è che tutti siamo contenti che ne arrivano molti di meno, ma se questo è il mondo, non è il mio mondo. Se io pur di non farli arrivare spero che muoiano tutti è del tutto irrazionale, soprattutto in un paese come l’Italia.


Per anni ha lavorato sulle coste calabresi. Una vita spesa a soccorrere vite, o persone in fin di vita. Ancor prima di quel tragico naufragio.
A noi arrivano i cadaveri, a Reggo Calabria, ne sono arrivati troppi. Fare un’autopsia a una bambina di 3 anni annegata fa veramente male, non è che è morta per un incidente stradale, per un tumore, è annegata perché stava cercando con i genitori un luogo in cui vivere Non è annegata perché la vita ha voluto così, ma perché altri uomini hanno voluto così.

Che cosa ci vuole a fare in Tunisia, Algeria, in Egitto e anche in Libia dei centri di accoglienza gestiti da europei, noi dobbiamo prenderci in carico queste cose. Noi, non il governo libico.

Lì puoi creare i corridoi umanitari.

Rispetto a quando ha iniziato, come sono cambiate le cose?
Dal 1993, quando sono cominciati gli arrivi, fino al 2006, i migranti giungevano da Egitto e Turchia, venivano con barche molto grandi, da 300 a 1.000 persone per volta, non c’era nessun tipo di pattugliamento, arrivavano qui davanti, tutti a Crotone.

All’epoca non c’era niente, il personale della Capitaneria di porto, quando arrivava su queste navi, saliva con molte difficoltà, aveva paura di malattie o altro.


Qual è la risposta di chi porta la divisa in queste situazioni?
Tutti quelli con cui io andavo, Finanza, Polizia, Capitaneria di porto, si comportavano benissimo.

Ma la gente che lavora in mare, chiunque essa sia, è sempre dalla parte di chi ha bisogno. Il mare non è il nostro ambiente, è dei pesci, lì siamo ospiti – per così dire – indesiderati. Chi va in mare sa che un giorno qualcosa di brutto potrebbe capitare anche a lui. La gente di mare è fatta così.

Oggi è un po’ cambiata la cosa. Perché se alla nostra Capitaneria di porto viene detto fai approdare a Catania, stai lì e non farli scendere, qualcosa non quadra. Questi uomini hanno fatto il loro dovere perché qualcuno ha deciso così, ma lo hanno fatto contro ogni logica. Quando una persona sale su una nostra imbarcazione, sale sul nostro territorio.

Si riferisce al caso Diciotti, cosa pensa di quella decisione?
Il giorno in cui c’è stata la questione della Diciotti, sono arrivati 58 curdi su un lido. Dico solo questo. Ci fu tanto clamore per i migranti della Diciotti e nessuno pensò a questi altri numeri. I curdi arrivano la mattina presto e poi si dileguano nelle campagne. Se tu fai l’umano, fai anche un controllo, li puoi gestire, li puoi monitorare. Queste persone arriveranno lo stesso.

Ma gli sbarchi sono diminuiti …
I 3mila degli ultimi 4 mesi sono quelli conteggiati. Ma in Calabria e Sicilia continuano ad arrivare piccole imbarcazione con 15 persone, e arrivano tutti i giorni e queste persone non sono in questi conteggi.


Gli italiani li vede meno umani?
No, posso garantire che in qualunque posto io sia stato, la gente è venuta, quando ho chiesto, la gente ha dato. Il problema adesso è che se tu ti fai forza con chi è disperato, che non può pagare il fitto, che ha il figlio drogato etc, e gli dici la “colpa è di quello”, è umanità usata in modo negativo.

Stiamo toccando temi di vita quotidiana umanissima, il politico serio, quando c’è un disperato gli trova un lavoro, non un nemico. Abusando dell’umanità disperata degli italiani non si fa altro che sfruttarla a proprio favore. Se a queste persone che hanno detto “morte al migrante”, gli porti un migrante che sta morendo di fame, lo aiutano.

Ho visto gente che ad agosto sulla spiaggia parlava e diceva “bisogna ammazzarli tutti”, appena se li è visti davanti si è prodigata per aiutarli. Un conto è sfogarsi su internet a casa propria, un conto è quando ce li hai davanti, lì torniamo persone normali...

(The Post Internazionale)

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