Il ponte crolla spezzando le vite di un'intera città: le storie di chi ce l'ha fatta e chi no...


La famiglia in vacanza che non tornerà più a casa, il calciatore miracolato, gli operai dei capannoni sotto al ponte schiacciati dal peso della cialtroneria italiana che neppure sa monitorare un ponte. Ecco alcune storie.


La sua è la storia di un miracolato. Davide Capello, 36 anni da Nuoro, è volato giù dal ponte Morandi per decine di metri rimanendo fortunatamente illeso. Pompiere ed ex giocatore del Cagliari, ora portiere del Legino, Davide era al volante della sua auto quando il ponte si è sbriciolato. E' rimasto incastrato con la sua macchina ad un pilone ed è riuscito a uscire con l'aiuto di alcune persone. "Stavo transitando sul ponte quando, a un certo punto, ho visto la strada davanti a me crollare - ha detto il giovane ai microfoni di Sky Tg24 - Anche io sono andato giù: sono rimasto attaccato con la macchina a un pilone e per questo non sono caduto".

Dopo il crollo, Davide è riuscito a uscire dalla macchina. "Non so nemmeno io come abbia fatto l'auto a non rimanere schiacciata - ha spiegato -. Ad aiutarmi, delle persone che in quel momento erano lì e poi sono arrivati i soccorsi. È stata una scena da film, sembrava l'apocalisse". Il 36enne era in auto da solo non era la prima volta che attraversava il ponte Morandi: "Non ho mai temuto il viadotto e mai avrei immaginato una cosa del genere - ha aggiunto - è impensabile che possa succedere una cosa così, in una delle strade più trafficate d'Italia".

Pablo Calzeroni e Tommaso Fregatti sul Secolo XIX raccontano invece le storie di chi è morto in questa tragedia impossibile da accettare, in un Paese civile.

"Nell’utilitaria scura precipitata sui binari della ferrovia di Fegino in mezzo ai bagagli, i poliziotti delle volanti trovano l’ombrellone da spiaggia avvolto nel cellophane, il secchiello e la paletta. C’è pure un telefonino sul cruscotto che squilla all’impazzata. «Mamma», è la scritta che appare sul display. Dall’altra parte del filo c’è una nonna, disperata, che tenta di parlare con la figlia. Nessuno tra gli agenti se la sente di rispondere. A pochi metri di distanza, in mezzo ai binari, coperti da tre lenzuola bianche, ci sono i corpi di una famiglia intera, distrutta da una tragedia infinita: mamma, papà e figlio. Erano appena partiti dalla loro abitazione di Voltri per raggiungere il porto e imbarcarsi su un traghetto. Roberto Robbiano, 44 anni, tecnico informatico che lavora per l’azienda Selt, la moglie Ersilia Piccinino, di 41, e il loro piccolo Samuele, di 9 anni, sarebbero dovuti partire per una vacanza in Sardegna. Tanto che Roberto ieri sera aveva pubblicato sul suo profilo Facebook una foto dell’isola ripresa dall’alto. Non hanno fatto in tempo.

Lo scenario è apocalittico: oltre 30 morti. A pochi metri dalla macchina della famiglia Robbiano, una squadra di operatori ecologici aiuta carabinieri e volontari della Protezioni civile a rimuovere massi e detriti con pale e attrezzi di fortuna. Sotto le macerie ci sono tre colleghi che stavano scaricando con i loro mezzi materiale di risulta all’interno dell’isola ecologica e in un altro impianto di raccolta dei rifiuti quando sono stati travolti dal crollo del ponte. Mirko Vicini, 31 anni e Bruno Casagrande 35, entrambi del Ponente genovese, erano due precari. Dopo mesi di disoccupazione avevano trovato un contratto stagionale ad Amiu ed erano felici, sognavano un futuro migliore. Accanto a loro ieri mattina c’era anche Sandro Campora, 53 anni, prossimo alla pensione.

Elisa Bozzo, 34 anni, di Busalla viaggiava su una Opel nera. Capelli biondi, fisico da modella, su Facebook si faceva chiamare «la Ely». Sono stati gli amici ieri a lanciare l’appello sui social network. Una speranza spazzata via nella tarda serata. Tra le vittime ci sono anche tre cittadini francesi. Partiti da Montpellier erano diretti all’imbarco per la Sardegna. Sono stati identificati grazie a un orecchino e a un braccialetto. Si chiamano Nathan Gusman, 20 anni, Melissa Artus di 22 e Nemati Alizè Plaze di 20. Francesco Bello, 41 anni, è stato trovato all’interno di un’Audi A3 nel greto del Torrente Polcevera. Anche lui si era messo in viaggio per una vacanza.

Andrea Cerulli, 48 anni, era un portuale della Culmv, molto conosciuto negli ambienti del tifo genoano. È morto mentre andava al terminal Vte per iniziare il suo turno di lavoro. Marjus Djerri e Edy Bokrina, invece, erano sul furgone Qubo della EuroPulizia. Dovevano effettuare alcuni lavori in una ditta di Rapallo. Sono stati estratti della macerie davanti a mamma, papà e mogli. Juan Carlos Pastenes, 64 anni, faceva lo chef. Originario di Santiago del Cile, viveva a Genova da più di trent’anni. Tra i morti Erazzo Trujillio Carlo, di 27 anni, originario di Arezzo.

Al primo piano del padiglione delle Specialità del San Martino è stato allestito l’obitorio. Dietro una paratia mobile sono state allineate tutte le salme. A pochi metri di distanza, oltre la paratia, decine di persone attendono notizie. Alcuni sono venuti di persona all’ospedale per capire se un loro parente è ricoverato. Sono la punta di un iceberg: durante la giornata hanno chiamato il centralino del San Martino in 300. Alle 18,30 la situazione è drammaticamente più chiara. Tutte le chiamate vengono dirottate in prefettura. E nell’obitorio procedono le operazioni di identificazione dei cadaveri. L’operazione è straziante e al tempo stesso complicatissima. Sono pochi i dettagli per riconoscere alcuni dei corpi; una fede nuziale di un uomo sposatosi solo da pochi mesi, un piercing al naso e un braccialetto per dare il nome a una ragazza. Altri elementi studiati sono le targhe delle auto e gli oggetti trovati all’interno.

Gli psicologi del San Martino prendono nota dei presenti nelle sale di attesa. Poi li confrontano con le liste delle persone decedute di cui si conoscono le generalità. Mano a mano che procede l’operazione i familiari vengono contattati uno ad uno. Per tutti quelli che attendono il proprio turno sono attimi di pura angoscia. Poi il dolore, immenso e indicibile. Un urlo di lacrime che rimbomba per tutta la corsia. E la città"...

(Globalist)

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