Siria, Daraa brucia. La brutale offensiva di Assad...


La città simbolo della primavera araba, è di nuovo al centro della repressione di Damasco, con oltre 100 civili uccisi in meno di due settimane.


di Lorenzo Cremonesi
Della questione siriana si parla sempre meno, come se le sconfitte dell’Isis l’anno scorso a Raqqa avessero in qualche modo reso meno urgente il tema. E nonostante in Siria si continui a combattere e morire. Oltre al fatto, quasi per nulla raccontato anche a causa delle censure imposte alla stampa indipendente, che il regime di Damasco sta ormai da molti mesi punendo ed eliminando con sistematica brutalità i gli oppositori nelle regioni progressivamente riconquistate manu militari. Negli ultimi 12 giorni sono però tornate prepotenti alle cronache le battaglie violente relative alla nuova offensiva lanciata dall’esercito di Assad, aiutato dagli alleati russi e iraniani, contro i resti delle forze ribelli asserragliate attorno alla città di Daraa, nel Sud- ovest del Paese. Il luogo assurse a simbolo del martirio dei civili coinvolti nella rivolta contro la dittatura al suo incipit nella primavera del 2011, quando la polizia di Assad torturò alcuni ragazzini che avevano scritto sui muri slogan incitanti alla mobilitazione. Poi Daraa rimase relativamente tranquilla, anche durante gli attacchi del regime contro gli insorti ad Aleppo due anni fa e lo scorso aprile a Ghouta, alla periferia di Damasco. Ora non più. Le organizzazioni umanitarie calcolano un centinaio di civili uccisi nella zona di Daraa in meno di due settimane. Si torna a puntare il dito contro l’aviazione russa e il ruolo trainante di Hezbollah (la milizia sciita libanese sostenuta da Teheran) tra le unità lealiste siriane. Pare siano stati bombardati almeno quattro tra ospedali e cliniche controllati dai ribelli. Un dato non cambia: tre anni fa Assad sarebbe stato defenestrato senza l’aiuto vitale russo-iraniano e ancora adesso si basa sul loro contributo. Intanto l’Onu denuncia 160.000 civili sfollati in fuga dalle aree bombardate. Premono verso la Giordania, che però, avendo già gravi difficoltà nel gestire il milione e 300 mila profughi siriani nel Paese, ha chiuso il confine. E in parte si dirigono verso le alture del Golan nell’area di Quneitra, dove Israele teme infiltrazioni di Hezbollah tra i profughi e minaccia d’intervenire. La nuova offensiva vanifica gli accordi per il cessate il fuoco nel Sudovest siriano negoziati l’anno scorso tra Washington e Mosca, ma pare che alcune milizie ribelli abbiano già accettato di sottomettersi ad Assad...

(Corriere della Sera Esteri)

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