México, cementerio de periodistas – Messico, cimitero di giornalisti...


En Mundo, importante quotidiano spagnolo. Con un giornalista ucciso ogni mese, il Messico, un Paese senza conflitti bellici, è diventato uno dei luoghi più pericolosi al mondo per fare giornalismo
-Nella foto, una attivista protesta contro gli omicidi di giornalisti a Città del Messico.


Messico più pericoloso della Siria
Messico, cimitero di giornalisti. Reporter di guerra oltre ciò che appare. Dalle trincee di Heminguay alle ‘guerre liquide’ di oggi, dove non sai che e dove potrebbero spararti. Terza fase, la peggiore possibile, la guerra modello mafioso, colpire ovunque chi rompe le scatole al potere, qualunque esso sia.
Cronaca di Pablo Sánchez Olmos su El Mundo, dal Messico. Playa del Carmen, Caraibi messicani. Questa volta tocca a Pat Ruben, direttore del giornale digitale ‘Playa News’, di morire assassinato. Il killer, una pistola, l’auto coi complici pronta per la fuga. Come da film e da manuale mafioso scritto in spagnolo. Rubén Pat aveva già denunciato di aver ricevuto minacce dopo aver scritto sui legami tra i funzionari locali e la criminalità organizzata. Nel giugno 2017 Rubén Patera stato arrestato e pestato dalla polizia locale. Guardie e ladri, stesso ruolo in commedia. Il giornalista di era allora rivolto alla struttura del Ministero degli interni creata per per proteggere i giornalisti e gli attivisti dei diritti umani sotto tiro, ma la vigilanza ha avuto il finale raccontato.

Centinaia di reporter e di difensori dei diritti umani costretti a richiedere la protezione di questo programma. Tuttavia, tra il 2014 e il 2018, il budget per farlo funqionare è stato ridotto di oltre il 50%. Più delitti meno soldi e poliziotti (soldi dello Stato, quelli criminali invece..). Prima di Pat Rubens, 26 giorni prima e sempre del “Playa News”, l’omicidio del suo direttore, una delle stelle del giornalismo messicano, Jose Guadalupe Chan, ucciso in circostanze identiche, di notte e fuori da un bar. La sua ultima copertina per “Playa News”, l’omicidio di un funzionario Daniel Dzib, nel piamo di una feroce campagna elettorale per le presidenziali.

Campagna elettorale, fronte di guerra, con oltre 130 politici assassinati. E giornalisti, testimoni da far fuori. Una professione ad alto rischio in Massico, soprattutto in quegli stati come Tamaulipas e Veracruz, popolarmente conosciuti come “zone di silenzio”, dove nessun giornalista osa lavorare. «Le zone di silenzio esistono a causa della paura del crimine organizzato o della paura dei poteri oscuri che ti fanno sparire, e il terrore è il meccanismo di censura più efficace ed economico», denuncia Diego Durán, rappresentante dei sopravvissuti. L’assenza di uno stato di diritto in certe aree, se denunciata, provocherà la violenza degli stessi funzionari pubblici per coprire le loro inefficienze, o più spesso le loro complicità corrotte.

Il 2017 è stato l’anno più violento contro la stampa in tutta la storia del Paese, con 13 giornalisti uccisi. Ora, 2018, in soli sette mesi, già otto giornalisti sono stati uccisi. «..ocho periodistas han sido asesinados marcando una peligrosa pauta que socava el delicado estado de salud de la libertad de expresión en México». E la futura amministrazione di López Obrador (il presidente neoeletto) ha parlato poco di questo dramma. Causa principale di queste aggressioni è l’impunità: “Le autorità non indagano e, in molti casi, coprono i responsabili”. «Y mientras no pase nada, cada día México estará un poco más lejos de ser una sociedad libre y bien informada». E finchè non succede nulla, ogni giorno il Messico sarà un po ‘più lontano dall’essere una società libera e ben informata...


(RemoContro)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook