Hassan al-Kontar, cittadino siriano di 36 anni, da 103 giorni è bloccato all’interno dell’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, in Malesia. Non può tornare in Siria, né negli Emirati Arabi e non può restare in Malesia.


di Lara Tomasetta
“All’inizio credevo fosse anche esilarante, come nel film The Terminal, ma ora è diventato estenuante, un incubo dal quale temo non uscirò presto”.

A parlare è Hassan al-Kontar, un cittadino siriano di 36 anni che da oltre tre mesi è bloccato all’interno dell’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, in Malesia. Per la precisione, 103 giorni.

Il motivo è semplice e allo stesso tempo importante perché racconta il dramma di migliaia di cittadini siriani che scappano da loro paese: il visto turistico di Hassan al-Kontar è scaduto, non può tornare negli Emirati arabi (dove aveva un permesso lavorativo) per lo stesso motivo, tanto meno può cercare di fare ritorno in Siria perché ha rifiutato la leva militare decidendo di non prendere parte alla guerra civile che da 7 anni sta distruggendo il suo paese.

In Siria lo attende quindi un mandato di arresto per aver evitato di fare il servizio militare nell’esercito.

Proprio come nel celebre film di Steven Spielberg The Terminal, al-Kontar cerca di arrangiarsi nell’aeroporto che da tre mesi è diventato la sua casa.

“In aeroporto ho la connessione internet e quindi posso chiamare e scrivermi con la mia famiglia, ma sono solo, perché poche persone parlano inglese”.

Rispetto a Tom Hanks, protagonista del film, la routine di Hassan è molto diversa e sta vivendo un vero e proprio incubo. Ha anche cercato di raggiungere l’Ecuador e la Cambogia ma a Phnom Penh gli hanno addirittura sequestrato il passaporto.

Hassan sta documentando la sua situazione su Twitter, usando post e video clip per creare una timeline del suo calvario che è punteggiata di umorismo, sarcasmo e disperazione.

È singolare come il 36enne si sia dovuto arrangiare per assistere alle partite dei mondiali.


“Sono alla disperata ricerca di aiuto – ha denunciato al-Kontar – non posso più vivere in questo aeroporto, l’incertezza mi sta facendo impazzire”, ci ha raccontato.

“Ho contattato organizzazioni internazionali, ong, istituzioni per ottenere un aiuto. Ci sono diversi gruppo a mio supporto ma non credo che la situazione si risolverà presto, sto perdendo le speranze”, prosegue Hassan.

Al-Kontar ha lasciato la Siria nel 2006, le cose si sono complicate nel 2016, dopo aver vissuto negli Emirati Arabi Uniti per quasi 10 anni.

Durante il suo soggiorno negli Emirati Arabi Uniti ha vissuto lavorando tranquillamente nel settore assicurativo del paese, ma poi ha perso il visto di lavoro. Durante quel periodo, dice, l’ambasciata siriana si è rifiutata di rinnovargli il passaporto.


Al-Kontar ha cercato di risparmiare denaro provando a lasciare la Malesia in due occasioni nel 2017,  una volta diretto in Ecuador, un’altra in Cambogia,  ma entrambe le volte è stato respinto e rispedito nel paese in cui lui non ha scelto di vivere. La Malesia, una volta scaduto il visto, lo ha bloccato nella zona di transito del Klia2.

Nei suoi vari tweet si legge anche molta ironia, come quando ha chiesto di unirsi alla missione della NASA su Marte.


Al-Kontar documenta su Twitter (Hassan Al Kontar) le sue difficoltà per far fronte alla solitudine della sua situazione. Pubblica anche video della sua vita quotidiana nella speranza di guadagnare l’attenzione di qualcuno che possa offrirgli una soluzione.

Quando gli chiediamo della sua giornata ci spiega che non esiste un programma prestabilito ma spesso inizia la sua giornata contattando agenzie governative, volontari, Ong e media per ottenere aiuto.

Dice che si fa una doccia veloce, di solito dopo mezzanotte, all’interno delle strutture accessibili per evitare gli sguardi stupiti dei viaggiatori.

Per quanto riguarda il cibo, al-Kontar dice di essersi organizzato con il generoso personale dell’aeroporto per avere tre pasti preconfezionati da aereo al giorno. È diventato anche amico del personale delle pulizie, che a volte acquista per lui alcune specialità gastronomiche dai ristoranti dell’aeroporto o dai bar a prezzi scontati.

Hassan ci racconta anche di aver assistito all’escalation di violenza che ha colpito la Siria durante gli ultimi mesi in cui è rimasto intrappolato nell’aeroporto: “Ho assistito alle bombe che sono state sganciate sul mio paese. Nessuno si occupa dei rifugiati siriani che hanno bisogno di aiuti, che sono intrappolati nei campi di detenzione in Libano o in altri paesi. Nessuno si preoccupa di loro. Sono semplicemente finiti nella lista nera del nostro governo”, spiega Hassan.

Ecco uno dei giacigli di fortuna che Hassan costruisce per trascorrere la notte:


(The Post Internzionale)

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