Denise e Falmata, ragazzine madri dopo lo stupro: “Vogliamo crescere i nostri figli”...


Denise è una ragazza di 15 anni ma ha già un figlio di 17 mesi. Falmata è poco più giovane ed è incinta. Le loro storie raccontano l’infanzia negata a milioni di bambini in tutto il mondo. Vittime di stupri, violenze fisiche, prostituzione forzata travestita da matrimoni precoci e costrette a vivere in Paesi in cui la guerra rende ancora più vulnerabili i minori.


Denise è solo una ragazza, ma ha già un figlio di 17 mesi, Innocent. È rimasta incinta dopo essere stata stuprata, quando aveva 15 anni. Accade nella Repubblica democratica del Congo dove i diritti dell’infanzia sono ancora troppo spesso negati. Denise fin da piccola ha iniziato a lavorare, servendo alcolici ai clienti, all'interno del locale gestito da sua madre, dove vengono offerte prestazioni sessuali. Un giorno, di ritorno da scuola, la ragazza è rimasta sola con uno dei frequentatori del bar. “Mi ha chiesto di fare sesso con lui e quando ho rifiutato mi ha presa con la forza. Sono rimasta incinta”, ricorda. Denise e il suo bambino hanno vissuto insieme a quell'uomo fino a 5 mesi fa quando, di nuovo in gravidanza e ormai giunta al settimo mese, la giovane ha partorito un figlio morto. Il padre di Innocent a quel punto ha abbandonato entrambi. Sola e affamata, Denise è tornata dalla madre insieme al figlio, entrambi affetti da tubercolosi e colpiti da malnutrizione che, nel caso di Innocent, stava causando problemi di sviluppo.

Falmata ha lasciato la scuola a 12 anni, quando la sua famiglia è stata costretta a fuggire dalla violenza che imperversava nel nord della Nigeria, dove viveva. “E’ accaduto tre anni fa, quando il nostro villaggio è stato assaltato. Le case sono state bruciate, molte persone uccise, ma la mia famiglia è riuscita a scappare”, il ricordo della bambina di quei tragici giorni. Ma il peggio non era passato: mentre iniziavano a ricostruirsi una vita altrove, i genitori di Falmata sono morti, lasciandola sola coi due fratelli. “Un uomo ha detto di amarmi” racconta. “Mi dava dei soldi, un dollaro o meno ogni volta e io, che dovevo sostenere la mia famiglia, li prendevo, anche se non era molto. Quando ho scoperto di essere incinta l’ho informato, allora lui ha smesso di venire a farmi visita. Avevo paura, non sapevo cosa fare”.


Le storie di Denise e Falmata sono state raccolte da Save the Children nel rapporto “Le tante facce dell’esclusione”: una fotografica implacabile sui diritti negati a milioni di bambini in tutto il mondo. L’analisi dell’organizzazione internazionale mette in evidenza, tra le minacce all'infanzia, anche la piaga delle violenze fisiche e sessuali di cui troppo spesso le bambine e adolescenti sono vittime nel mondo. Circa 120 milioni di ragazze, più di 1 su 10 a livello globale, nella loro vita hanno subito forme di violenze sessuali, nella maggior parte dei casi dai loro partner.  Lo stupro, l'aggressione sessuale e la prostituzione forzata, talvolta travestita come “matrimonio” – denuncia Save the Children – sono gravi violazioni dei diritti umani e sono state usate come armi da guerra in tutti i continenti.

A rendere più vulnerabili le bambine sono proprio i conflitti armati che insanguinano i loro Paesi. Se le ragioni del matrimonio infantile variano molto a seconda del contesto, sono la paura di essere violentate, delle gravidanze prematrimoniali indesiderate, della vergogna e del disonore della famiglia o della fame a spingere i genitori a dare in sposa la propria figlia. Dal rapporto di Save the Children è emerso che, in alcuni casi, il matrimonio precoce diventa il mezzo per fuggire dai combattimenti o dalla miseria di un campo profughi. Minori che, pur di lasciarsi alle spalle guerra e persecuzione, diventano facile prede dei trafficanti e criminali senza scrupoli.

Nel caso di Denise e Fatima, l’aiuto di Save the Children ha dato alle due ragazze una speranza. Grazie ad un supporto emotivo con l’obiettivo di farle acquisire autonomia sotto il profilo economico, Denise ora può guardare al suo futuro e a quello di Innocent da una prospettiva diversa. Falmata, invece, ha trovato il coraggio di portare avanti la sua gravidanza. “Mi hanno spiegato che, una volta partorito, potrò tornare a scuola e io non aspetto altro. Voglio essere in grado di mantenere me e il mio bambino – conclude – perché voglio diventare una brava madre”.

(fanpage.it)


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