Migranti, business della sicurezza e aiuto ai despoti...


Un rapporto shock accusa i paesi europei. Per fermare i migranti si aiutano paesi che non rispettano i diritti umani. L’embargo internazionale contro la vendita di armi viene violato. Il business della sicurezza porta enormi guadagni alle aziende che producono armi. Esternalizzare il controllo dei confini fa sviluppare anche il settore pubblico.

Slovenian soldiers erect a razor-wired fence on the Croatian border in Gibina, Slovenia, Wednesday, Nov. 11, 2015. Slovenia has started erecting a barbed-wire fence on the border with Croatia to prevent uncontrolled entry of migrants into the already overwhelmed alpine state. (ANSA/AP Photo/Darko Bandic)

Alessandro Fioroni

Migranti da fermare con le armi
Migranti da fermare ad ogni costo. Formazione di forze di sicurezza di paesi terzi, donazioni di elicotteri, navi per pattugliamento e veicoli, apparecchiature di sorveglianza e monitoraggio; sviluppo di sistemi di controllo biometrico; accordi per l’accettazione delle persone deportate.
Investimenti militari enormi. E’ questa la direzione che ha preso l’Unione Europea. Il tutto finalizzato al controllo delle frontiere. L’ossessione di bloccare i movimenti di migranti e rifugiati verso il vecchio continente, sta portando la Ue a scegliere le politiche di esternalizzazione dei confini come unica politica.

Rapporto shock
Lo mette in luce un recentissimo rapporto pubblicato dal Transnational Institute e Stop Wapenhandel (Campagna olandese contro il commercio di armi) e rilanciato in Italia dalla Rete Italiana per il Disarmo e dall’ARCI.
Controllare le migrazioni ad ogni costo -denuncia il rapporto-, ha avuto come risultato, non quello di esaurire definitivamente flussi di popolazione, ma di rafforzare regimi dichiaratamente autoritari e poco inclini al rispetto dei diritti umani.

Gli utili dittatori
In questo senso il rapporto individua 35 paesi ai quali l’Europa attribuisce un ruolo fondamentale nelle politiche di esternalizzazione del controllo. Di questi, sono i dati a parlare, il 48% ha un governo autoritario e solo quattro possono essere considerati Stati democratici, il 100% pone rischi estremi o elevati per il rispetto dei diritti umani, il 51% è classificato come “basso” negli indicatori di sviluppo umano.
La cooperazione ha riguardato in particolare la Turchia, Libia, Egitto, Sudan, Niger, Mauritania e Mali, con sostegno diretto dall’UE nel suo insieme ma anche da singoli Stati Membri, in particolare Francia, Italia, Spagna e Germania.

Il grande business della sicurezza
A beneficiare di un tale movimento di denaro non sono stati di certo i migranti ma le aziende che producono armamenti. Gli investimenti hanno riguardato il particolare le tecnologie di sorveglianza, i vincitori dei contratti hanno realizzato profitti enormi.
Si calcola che il valore complessivo delle licenze rilasciate dagli stati membri dell’UE, per il decennio 2007-2016, riguardante la vendita di armi ha superato i 122 miliardi di euro. E nonostante molti dei paesi  compratori siano sotto embargo, continuano a ricevere tecnologie e sostegno per la “difesa” dei confini contro i flussi di migranti.

Chi ci guadagna
E’ il caso del colosso francese della produzioni di armi Thales, così come la conglomerata europea Airbus. Veridos, OT Morpho e Gemalto sono stati i maggiori fornitori di apparecchiature biometriche. Anche la Germania (con le imprese Hensoldt e Rheinmetall) e l’Italia (Leonardo e Intermarine) hanno fatto la parte del leone. Ma di particolare rilievo riveste il protagonismo delle aziende turche impegnate nel comparto difesa, Aselsan e Otokar. hanno infatti aumentato notevolmente i propri introiti.
Il rapporto però evidenzia come il mercato della sicurezza sia un buon affare anche per il settore pubblico o semi pubblico interno. In Francia la società, con partecipazione statale, Civipol (che possiede azioni di Thales, Airbus e Safran) già nel 2003 ha scritto un influente documento di consulenza per la Commissione europea, che ha gettato alcune basi per le attuali misure di esternalizzazione delle frontiere.
Il grande business coinvolge anche organizzazioni internazionale come Iom (Organizzazione internazionale delle migrazioni) e il CMPD (Centro Internazionale per lo Sviluppo delle Politiche Migratorie). In varia misure queste strutture si occupano di consulenze per la gestione di migranti o organizzano progetti di rimpatrio...


(RemoContro)

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