Chi si deve vergognare per Alfie Evans non sono solo i giudici, ma anche voi...


Alfie Evans è morto, possono spegnersi i riflettori. Rimane un senso di rabbia verso i giudici che 'lo hanno condannato'. Ma è andata davvero così?


Giuseppe Cassarà
Alfie Evans è morto, come Charlie Gard prima di lui. Chi? Charlie Gard, il bambino affetto da una malattia degenerativa incurabile, morto l’anno scorso dopo che il tribunale ha rifiutato il trasferimento negli Stati Uniti.

Ancora i giudici assassini, ancora la burocrazia che ha strappato un altro bambino alla vita. Ecco, no.

Nessuno ha condannato a morte nessuno: Charlie Gard, così come Alfie Evans, erano incurabili, una parola che -è necessario spiegarlo- significa che non esiste possibilità alcuna che possa guarire dalla malattia. Perché? Perché Charlie Gard e Alfie Evans erano affetti da patologie ignote, o meglio, insolite, cui la medicina moderna non ha ancora trovato una soluzione.

E chi lo dice? I medici, lo dicono i medici. Quelli che hanno giurato di salvarle, le vite e non di condannare bambini a morte. E chi sono questi medici?

È presto detto: limitandoci al solo Alfie Evans, sono stati i medici dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool, dove Alfie è stato ricoverato nel 2016, affetto da questa maledetta malattia neuro-degenerativa associata a una grave forma di epilessia, una malattia che i medici non avevano mai visto e che, dopo un anno non sono stati in grado di curare.

Alfie soffriva di convulsioni violente, era cieco, sordo e affetto da continue crisi. I ‘sorrisi’ delle foto non sono sorrisi, ma spasmi, ma attraverso il filtro politico, mediatico e sentimentale, quelle smorfie di dolore diventavano la prova che i medici si sbagliavano, che Alfie poteva vivere, che la malattia poteva essere sconfitta.

Non biasimo i genitori di Alfie, e sfido chiunque a farlo: un dolore così enorme e incomprensibile ti porta ad attaccarti a qualsiasi speranza, anche a costo di trascinare tuo figlio malato in un circo mediatico pur di smuovere le acque, pur di non arrendersi all’evidenza.

Quelli che sono da biasimare, da condannare, quelli che fanno venire il voltastomaco, siete tutti voi.

Voi, che siete stati pronti a condannare quei medici che, se avessero potuto, Alfie sarebbero stati ben lieti di salvarlo. E non solo quelli di Liverpool, no, perché Alfie è stato visitato, nell’ordine, dai medici del Manchester Children Hospital e più tardi da quelli del Great Ormond Street Hospital. Non solo: i genitori hanno consultato specialisti da Stoke-on-Trent, da Roma, dalla Germania. La trovate qui, la lista completa, ma non vi basterà, perché il vostro giudizio lo avete già espresso: i giudici, i dannati giudici hanno condannato un bambino, gli hanno negato la possibilità di andare a Roma, dove Mariella Enoc del Bambin Gesù si stracciava le vesti dicendo che qui, nella città santa, avremmo compiuto il miracolo, forse per intercessione papale.

Ma non era possibile alcun miracolo. Alfie Evans era già morto da tempo, e i suoi genitori - comprensibilmente - non si sono voluti arrendere. E con loro, tutti noi, che abbiamo preso un dolore così enorme e privato e lo abbiamo fatto nostro, credendo di capirlo, finché non è successo l’inevitabile: sono arrivati i politici, in primis Matteo Salvini, che è buffo con quanta velocità abbia proposto di invadere la sovranità di un altro paese pur di salvare questo bimbo insalvabile, pur di cavalcare l’onda lunga dell’indignazione e della compassione ignorante che ha smosso gli animi non solo d’Italia ma di tutto il mondo. Notizia dell’ultima ora: a Salvini, di Alfie Evans, non fregava un accidente, così come non gli frega dei milioni -centinaia di milioni- di bambini che stanno morendo, che sono già morti, che lui e quelli come lui vogliono ricacciare in mare, pressarli nella loro bolla di sofferenza e miseria, perché non fanno notizia, non sono importanti, non smuovono gli stomaci degli elettori come un bel bambino (secca dirlo, ma è così) bianco, europeo, figlio di una giovane coppia eterosessuale.

E la cosa che fa più rabbia, è che tutto questo non c’entra nulla con Alfie. Niente di tutto questo serviva a salvarlo, niente avrebbe potuto. Come ve li immaginate quei giudici? Una combriccola di vecchi e bavosi sadici che se la sghignazzano mentre mandano i figli dei poveri a morire? Beh, no: quello succede nei fumetti e al massimo in qualche scadente serie tv. La realtà è che dietro le motivazioni dei giudici c’era la razionalità di voler risparmiare ad Alfie, che nel mentre non respirava più e viveva in un mondo scuro e silenzioso dove esisteva soltanto sofferenza, ulteriore dolore. Una decisione impopolare, ma che qualcuno doveva prendere, qualcuno che non fosse emotivamente coinvolto, qualcuno disposto a farsi odiare da tutto il mondo, che non capisce e non vuole capire quali battaglie vale la pena combattere.

Ora, su Alfie si sono spenti i riflettori. Se ne parlerà ancora, è inevitabile, ma tra un anno Alfie sarà un nome su una lapide bianca e un ricordo nelle menti delle uniche persone che erano autorizzate a perdere in questo modo la ragione. E a loro, a Tom e Kate, va tutta la nostra compassione. Che possiate trovare la pace, come Alfie ha, finalmente, trovato la sua...

(Globalist)

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