Papa Francesco ai preti: messa deve essere gratis. Ma il mercato (nero?) continua...
ROMA – La messa è gratis, non si paga. Parola di Papa Francesco che sul tema sarebbe la massima autorità, persino infallibile. Eppure il mercato (nero) delle preghiere continua e fiorisce con i tariffari che quasi ovunque parroci e parrocchie applicano a tutto. Dalle ‘tappe’ base dei sacramenti come il battesimo, sino alle messe in suffragio e ricordo dei cari estinti, esiste infatti un vero e proprio menù con costi precisi che solo maldestramente si nasconde dietro la formula dell’offerta. “Le Messe non si pagano, i sacramenti sono gratis, come il sacrificio di Cristo. Poi se si vuole fare un’offerta va bene, ma niente è dovuto” ha scandito Bergoglio nell’udienza generale del mercoledì aggiungendo, lasciando il testo preparato e continuando a braccio, che “se io ho qualche persona, parente o amico nel bisogno o che hanno passato questo mondo, posso nominarli in quel momento in silenzio.
Quanto devo pagare perché il mio nome venga lì? Niente, la messa non si paga. La messa è gratuita. È importante capirlo”. Ma a non capirlo non sono tanto i fedeli che di fatto si adeguano all’abitudine e alla prassi consolidata per cui la messa e tutto il resto vengono di fatto offerti come veri e propri servizi a pagamento, ma gli ‘uomini di Chiesa’. Sono infatti persino le singole diocesi o le singole conferenze episcopali regionali, come quella piemontese, a stabilire un costo fisso e un prezzo per le funzioni. Nell’ormai lontano dicembre 2001 la citata associazione piemontese aveva stabilito un’offerta di 10 euro per la messa di suffragio, sottolineando che non era lecito chiedere somme superiori ma avallando che un prezzo poteva esistere e forse andava addirittura chiesto e persino preteso.
Un’indicazione simile, anche come cifra, è stata poi proposta tre anni fa dalla conferenza episcopale umbra e recentemente anche i vescovi della regione ecclesiastica lombarda hanno stabilito che l’offerta raccomandata sia di 10 euro, specificando che comunque si accolga ciò che i fedeli sono in grado di donare. In uno dei santuari più frequentati del nord Italia, quello del Santo di Padova, dedicato a sant’Antonio, per la memoria dei defunti c’è anche la possibilità della “messa perpetua” la cui offerta suggerita è di 20 euro, (il defunto, insieme a molti altri, viene ricordato ogni giorno per tutto un anno nelle intenzioni del prete celebrante), mentre attorno ai 400 euro si aggira l’offerta suggerita per la messa cosiddetta “gregoriana”: in questo caso i parenti del defunto scelgono un sacerdote che per un mese intero celebra quotidianamente una messa in memoria del loro caro, nominandolo durante il rito.
Il Papa già 3 anni fa, nel novembre 2014, nell’omelia di una messa a Santa Marta aveva dato la stessa indicazione. Ma ha voluto ribadire il suo no al “listino prezzi che si vede in tante chiese, facendo scandalizzare il popolo”. Popolo dei fedeli che in realtà non sembra però così scandalizzato visto che il ‘tariffario’ è ormai abitudine da secoli e comunque da sempre nelle prassi dei fedeli, almeno quelli italiani. La formula dell’offerta è infatti in moltissimi casi una foglia di fico, un’ipocrisia dietro cui la volontarietà della donazione non è nemmeno un ricordo. Battesimi, comunioni, matrimoni, funerali, messe in suffragio e quant’altro, tutto ha un prezzo. E non è una rarità trovare un prete, un parrocco che storca il naso e persino si rifiuti di celebrare una di queste funzioni se non di fronte alla giusta ‘offerta’. Quell’offerta che dovrebbe essere volontaria e che è contemplata dal Codice di Diritto canonico con la formula: “Secondo l’uso approvato della Chiesa, è lecito ad ogni sacerdote che celebra la messa, ricevere l’offerta data affinché applichi la messa secondo una determinata intenzione. È vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei poveri, anche senza ricevere alcuna offerta”. Anche senza… Bontà loro…
(blitz quotidiano)
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