Benin, bambini spaccapietre sfruttati nell’edilizia. 2 euro per 10 ore di lavoro duro. Nuove schavitù...


In parti del Benin lo sfruttamento del lavoro minorile è una realtà diffusa. Ci sono villaggi dove i bambini spaccano pietre per 10 ore al giorno per poi venderle all'industria dell'edilizia, che le usa per produrre cemento armato. Ogni barile di pietre è venduto per circa 2 euro.


da Dassa (Benin) «Sono molto stanca». A parlare è una bambina di sei anni. È una frase ricorrente tra i bambini del suo villaggio. Vive in Benin, paese dell’Africa occidentale che fu uno dei principali empori per la tratta degli schiavi. È una delle numerosi voci di una nuova schiavitù, che si incontra nei volti di bambini costretti a spaccare pietre per dieci ore al giorno. Una realtà diffusa nella zona collinare di Dassa, dove interi villaggi provvedono al proprio sostentamento grazie al lavoro di questi bambini, che riducono le pietre in tanti piccoli frammenti, che saranno poi vendute all’industria edilizia, che le utilizzerà per la produzione del cemento armato.

La catena di sfruttamento dei bambini spaccapietre
La gestione del lavoro è familiare. Gli uomini scalano le montagne, per estrarre i massi di grosse dimensioni; a valle le donne cominciano il lavoro di selezione delle pietre, per poter scendere al villaggio e consegnarle ai loro figli, che dovranno ridurle in piccoli pezzi. «I bambini di Dassa vivono in condizioni precarie – spiega Saidaw Bakar, il capo-villaggio di Ouissi-Dassa, dove la concentrazione di bambini spaccapietre è più alta che altrove – e soffrono, perché devono lavorare per soddisfare i loro bisogni. I bambini spaccano le pietre per molte ore al giorno. E quando tornano a casa non hanno nemmeno da mangiare».

Benin: lavorare 10 ore al giorno per 2 euro
«Sono molto stanca. Lo faccio perché così possiamo mangiare. Ma un giorno diventerò un’insegnante», racconta una delle tante bambine del villaggio. L’esposizione prolungata alla posizione con cui tutti i bambini spaccano le pietre le ha deformato gli arti inferiori. Tempo fa un masso di grosse dimensioni le è caduto addosso, deturpandole il piede per sempre. Non è voluta rimanere al villaggio, ha deciso di seguire il padre e la madre in montagna. È stato in quel momento che un macigno l’ha schiacciata. Ma può e deve ancora spaccare le pietre.

I bambini non hanno un vero e proprio salario. La possibilità di mangiare è legata alla quantità di pietre che i genitori riescono a vendere all’industria edilizia, che periodicamente fa visita al villaggio per prelevare i barili di pietre. Ogni barile di pietre sminuzzate dai bambini è pagato dai 1000 ai 1500 franchi, una cifra compresa tra 1,5 e i 2,5 euro.

I rischi sanitari per i bambini in Benin
I bambini rischiano ogni giorno incidenti e compromettono quotidianamente il proprio stato di salute, inalando le polveri che contengono particelle nocive. L’asma è solo la più ovvia delle malattie che contraggono. Parlando di morti premature causate da condizioni ambientali insalubri in Africa, il direttore della sezione Africa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Mashidisio Moeti, ha parlato di una percentuale che si aggira intorno al 23 per cento.

Tra le cause di questi decessi c’è la presenza di sostanze nocive nell’aria, quelle che i bambini spaccapietre del Benin inalano quotidianamente. Sostanze che sono alla base dell’insorgenza, nel 44% dei casi, di asma. A questa si devono aggiungere i danni alle articolazioni e le infezioni agli occhi.

Senza contare le malattie più ricorrenti nel paese africano, come il colera e il tifo. In Benin la mortalità infantile nel primo anno di vita è di 88 ogni mille nascite, dato che sale a 148 entro i primi 5 anni.

Il sistema scolastico e le carenze dello Stato del Benin
Gli impegni per strappare i bambini dal lavoro forzato esistono. Sempre più bambini oggi riescono ad andare a scuola. Ma questo non significa l’annullamento dei problemi e degli effetti di un passato da spaccapietre.

«I bambini hanno difficoltà – afferma Ainon Remi, insegnante della scuola Epp Thamissi, nel distretto di Dassa – e abbiamo bisogno di sillabari per insegnare loro a leggere, scrivere e parlare. I bambini che spaccano le pietre hanno difficoltà maggiori degli altri, perché quando tornano a casa tornano sulla collina a spaccare le pietre e non possono studiare».

Una difficoltà che si unisce alle carenze statali, sia per quanto riguarda la didattica sia i bisogni trasversali, come un’adeguata assistenza alimentare negli istituti scolastici.

«Il Governo interviene – spiega Déssea Koya, direttore della scuola Epp Dome a Dassa – Per ogni classe la sovvenzione è di 1.500 franchi. Qui abbiamo sei classi, la sovvenzione è di 9 mila franchi. Ma i soldi sono stati già suddivisi, quindi l’aiuto del Governo non riesce a coprire tutti i nostri bisogni. Per il materiale didattico il Governo ci garantisce due manuali. Un manuale di francese e un manuale di matematica sono assicurati, ma in numero insufficiente rispetto ai bambini della scuola».

«I bambini preferiscono venire a scuola che spaccare le pietre – afferma Trea Tchamissi, direttore della scuola Epp Thamissi a Dassa – Anche le malattie sono diminuite, perché l’alimentazione è migliorata. Ma abbiamo ancora delle difficoltà, perché quando spacchi pietre e non conosci altra realtà, è difficile pensare ad un futuro differente. Stiamo provando a cambiare, i bambini vogliono imparare e vengono regolarmente a scuola. Ma lo stato non ci aiuta. Abbiamo chiesto delle mense. Non è accettabile che lo Stato non provveda all’assistenza alimentare»..

(Human Rights)

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