Sei esempi contemporanei di coraggio che danno speranza al mondo...
Chi ha detto che per cambiare il mondo bisogna essere dei super eroi? In un mondo in cui sembrano prevalere odio e violenza il coraggio di persone come noi è fondamentale. Ecco almeno sei esempi.
Non bisogna necessariamente essere dei super eroi con poteri magici per difendere i diritti umani. La storia recente ci insegna, infatti, che sono le persone comuni, che lottano contro le ingiustizie ad ogni costo e a rendere il mondo un posto migliore. Grazie al loro coraggio studenti, medici, insegnanti, mogli, mariti e figli sfidano l’abuso di potere di governi e aziende, difendono l’ambiente, tutelano le minoranze, si oppongono alle discriminazioni contro donne e persone Lgbt, denunciano condizioni di lavoro illegali. Ecco sei esempi di persone normali che, anche a rischio della loro vita, hanno denunciato le ingiustizie e si sono schierate in prima persona in difesa dei diritti umani.
Hanan Badr el-Din e l’amore per suo marito:
Era il luglio del 2013 quando Hanan Badr el-Din ha visto per l’ultima volta suo marito, Khalid Mohamed Hafez Ezz el-Din, dietro allo schermo di un televisore. Lui era ferito e in un letto di ospedale, pestato da alcuni agenti delle forze di sicurezza egiziane durante una manifestazione. Da allora, nessuno ha mai saputo dirle dove fosse finito. Lo ha cercato ovunque, non ha lasciato nulla di intentato. Ha anche fondato un’associazione, quella delle “Famiglie degli scomparsi in Egitto”, ma proprio per questo è stata arrestata. Ora rischia fino a 5 anni di prigione. Hanan ha avuto il coraggio di denunciare la sparizione forzata di suo marito. Il suo non è un caso isolato: sono centinaia le persone scomparse nel nulla per mano delle autorità egiziane.
I 10 di Istanbul e l’arresto per la difesa della libertà:
İdil Eser, direttrice di Amnesty Turchia, e i suoi colleghi si erano riuniti per una giornata di formazione lo scorso luglio. Non avrebbero mai immaginato che nel giro di pochi minuti la loro vita si sarebbe trasformata in un incubo, da cui ancora devono svegliarsi. La polizia ha fatto irruzione nella sala dove si trovava il team di dieci persone e le ha arrestate. Una mobilitazione mondiale ha fatto sì che potessero essere rilasciati su cauzione tre mesi dopo, a novembre, ma il processo a loro carico continua e la posta in palio è altissima. Rischiano fino a 15 anni di carcere. Sono accusati di terrorismo, ma il loro vero crimine è stato di aver avuto il coraggio di dedicare la propria vita a difendere i diritti umani.
Shackelia Jackson nel ricordo del fratello ucciso:
Nel 2014 con un colpo di pistola Nakiea Jackson è stato ucciso a soli 29 anni mentre si trovava a lavoro nel suo ristorante, in Giamaica. Gli agenti hanno aperto il fuoco davanti agli occhi increduli di alcuni testimoni. Da allora sua sorella Shackelia non riesce a darsi pace: vuole giustizia per suo fratello e per tutte le vittime innocenti della polizia. Nonostante le molestie e le intimidazioni Shackelia non si è arresa, ma ha avuto il coraggio di lottare per trovare il colpevole dell’omicidio di suo fratello e per chiedere giustizia per tutte le famiglie del suo paese che si trovano nella stessa situazione.
In Honduras per difendere la terra in cui sono nati:
Per i nativi Lenca, in Honduras, la terra è vita. Per questo è nato il Milpah, un movimento indipendente degli indigeni di La Paz, che con coraggio lotta in prima linea per la tutela delle loro terre contro le aziende che intendono realizzare proprio lì impianti idroelettrici e svuotare le miniere. Gli attivisti del Mipah hanno subito aggressioni fisiche, minacce di morte e campagne diffamatorie. I più fortunati sono riusciti a sopravvivere, altri, come Berta Caceres, uccisa nel 2016, hanno pagato con la vita il loro impegno.
Mahadine e la sua rivoluzione digitale:
Rischia di restare tutta la vita rinchiuso in una prigione nel suo Paese, il Ciad, solo per aver pubblicato un post di protesta su Facebook. Tadjadine Mahamat Babouri, padre di 7 bambini e meglio conosciuto come Mahadine, è quello che si definisce un attivista digitale dei diritti umani. Dopo aver condiviso sui social network un video in cui si scaglia contro il governo, è stato fermato, picchiato e incatenato. Ora è in carcere, dove ha contratto la tubercolosi. Ha urgente bisogno di cure mediche.
Queste storie raccontano il coraggio di persone normali, a cui tutti possiamo ispirarci per trovare la forza e combattere insieme per un mondo più giusto. Basta davvero poco per farlo. Un esempio? Firmando uno degli appelli della campagna di Amnesty International “Write for Rights”, anche tu dichiari di avere a cuore i diritti umani, aiutando a difendere Hanan e gli altri. C’è tempo fino al 22 dicembre per dare il proprio contributo: firma anche tu, perché ogni firma conta.
(Fanpage)
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