Via dal paese dopo lo stupro di gruppo. Perché è solo lei a provare vergogna...
Via dal paese dopo lo stupro di gruppo. Perché è solo lei a provare vergogna
di Fulvio Bufi
Seimila persone non sono tante, se vivono nello stesso paese. Si conoscono tutte e si incontrano ogni giorno. E se tra quelle seimila persone che girano per il paese ci sono una ragazzina di quindici anni che è stata violentata e tre dei suoi undici violentatori – tutti giovanissimi quanto lei se non di più – che la ragazza dopo lo stupro ha denunciato e fatto arrestare, si incontreranno anche loro. E quando si incontreranno a chi tremeranno le gambe, a chi ha violentato o a chi è stata violentata? Chi avvertirà il cuore in gola, chi rivivrà con orrore quei momenti, chi avrà memoria di quelle voci minacciose e volgari? Forse bisognerebbe avere il coraggio di chiedersi anche: chi proverà vergogna? E la risposta sarebbe sempre la stessa: lei.
È per questo che i genitori di quella ragazza di quindici anni hanno deciso di portarla via, di andarsene, di lasciare la loro casa a Pimonte, paese interno della penisola sorrentina, e di trasferirsi in Germania, come fece anni fa il capofamiglia per andare a cercare lavoro e come credeva di non dover fare mai più, quando riuscì a rientrare e, con i soldi guadagnati, mettere finalmente in piedi una piccola attività.
Lo stupro risale a un anno fa. La ragazza accettò di seguire in un luogo isolato quello che lei credeva fosse il suo fidanzato, e si ritrovò circondata dagli amici di lui che ne abusarono e la filmarono, minacciandola di diffondere il video se si fosse azzardata a raccontare qualcosa. Lei invece raccontò tutto ai genitori e poi ai carabinieri, e i giovanissimi violentatori (tre di Pimonte, altri di paesi circostanti), furono arrestati.
Ma la giustizia minorile prevede tempi relativamente brevi per la scarcerazione e l’affidamento in prova. Sono le regole per recuperare chi ha commesso reati in giovane età, per reinserirlo, per “rieducarlo” in un ambiente normale e non in un istituto di detenzione. E così i tre di Pimonte sono tornati al paese. Devono studiare, fare sport, volontariato. Dovranno essere seguiti dai servizi sociali (una sola operatrice che lavora in un altro paese e passa a Pimonte dieci ore alla settimana) e ovviamente non devono sgarrare. Funziona così, è tutto secondo legge.
Anche la ragazza fa volontariato, lei non per obbligo ma per scelta. Frequenta l’associazione che si riunisce in parrocchia, ha trovato amici e amiche con i quali sta bene. Non vorrebbe andar via da Pimonte, non vorrebbe scappare dal suo ambiente e dal suo passato. Non capisce perché debba essere lei a pagare per quello che ha subito. Accetterà la decisione dei genitori – che chiaramente hanno scelto di partire per proteggerla - perché non può fare altro, ma soffrirà ancora. E stavolta non c’è una legge che può tutelarla, stavolta la legge è stata rispettata. La legge prevede arresti, scarcerazioni, affidamenti in prova, relazioni di servizio. Non prevede i sentimenti, la serenità violata, l’angoscia, gli incubi. Quelli appartengono a chi, come questa ragazza, è costretta a viverli. In assoluta solitudine...
(La 27ora Corriere della Sera)
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