Libano, la vita impossibile dei rifugiati Siriani: “Non c’è spazio per seppellire i nostri morti”...






di Giulia Polito

Sei anni di guerra e un bilancio da far rabbrividire. La Siria continua a bruciare, con essa la sua popolazione. Chi si salva dal conflitto è perché tenta la fuga, un lungo viaggio verso una terra promessa che sembra sempre troppo lontana da raggiungere. In tanti non riescono, perdendo la vita prima di giungere a destinazione. E, così come le drammatiche notizie di cronaca insegnano, a rimetterci sono soprattutto i bambini.
Dopo sei anni di guerra sono milioni i siriani emigrati dalla loro terra. Tanti tra loro, circa un milione secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, vivono attualmente in Libano. E’ qui che i rifugiati siriani hanno imparato a fare i conti con condizioni di vita difficilissime, dai costi per le procedure di visto ai maltrattamenti. Neanche la morte qui, nella valle della Bekaa, è cosa di poco conto. Soprattutto per i bambini appunto, per i quali lo spazio nel cimitero di Al-Rahma, che paradossalmente significa “Misericordia”, non è più sufficiente. Ma qui di misericordia non ne è rimasta per nessuno.
I bambini e le persone defunte vengono spesso lasciate per settimane o addirittura mesi negli obitori in attesa che salti fuori un posto in cimitero dove poterli seppellire. Le famiglie, per far fronte alle spese, sono spesso costrette a scavare la fossa a mani nude, tanto gravano i costi di sepoltura. Nonostante l’impegno profuso da alcune ong impegnate sul territorio le soluzioni sono ancora lontane. Ad essersi impegnate su questo fronte ci sono anche alcune città vicine, come Omariyah, che hanno permesso ai rifugiati di seppellire i loro morti in una determinata area del cimitero.
Non esistono ancora dati certi sulla mortalità dei rifugiati siriani in Libano: l’Unhcr ha contato 2087 morti nel 2015, ma il numero reale è probabilmente molto più alto. Dall’organizzazione è partito un appello diretto ai partner locali «per aiutare i rifugiati a risolvere il problema». Ma intanto l’emergenza non accenna a rientrare. Gli ospedali continuano a tenere in custodia i cadaveri, da qualche parte i genitori si fanno largo con i corpicini dei bambini dentro scatole di cartone. E’ il volto più crudele di una guerra che alla storia non consegna né onori né vincitori, solo vittime e strazio.
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