Un giudice di Seattle ha bloccato il divieto sull’immigrazione di Trump...




Le conseguenze non sono ancora chiare: il governo in ogni caso può annullare la sentenza, e ha detto che lo farà

Una donna protesta contro il divieto sull'immigrazione imposto da Trump, il 3 febbraio a New York. (BRYAN R. SMITH/AFP/Getty Images)


Venerdì 3 febbraio un giudice federale di Seattle, nello stato di Washington, ha imposto una sospensione temporanea del divieto imposto la scorsa settimana dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump sull’ingresso ai cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana. Il giudice James Robart ha accolto una causa presentata dallo stato di Washington e dal Minnesota contro l’ordine esecutivo deciso da Trump, che aveva causato sofferenze e problemi a decine di migliaia di persone a cui è stato improvvisamente impedito di entrare o rientrare negli Stati Uniti, e provocando grandi proteste in diverse città americane. La decisione di Robart di fatto ha provocato una sospensione momentanea del divieto, che però può essere reintrodotto dall’amministrazione di Trump con un decreto d’emergenza che annullerebbe la sentenza. La Casa Bianca ha confermato che la sentenza verrà annullata con un ordine di questo tipo: l’ha definita «vergognosa» (termine poi eliminato in una seconda versione del comunicato), specificando che sarebbe stata bloccata il prima possibile per ripristinare «l’ordine appropriato e legale» stabilito dal divieto imposto da Trump.
La sentenza di Robart ha causato confusione e incertezze tra le persone e gli organismi coinvolti nel processo di controllo degli ingressi negli Stati Uniti, e le sue conseguenze non sono ancora immediatamente chiare. Secondo quanto scrivono i principali giornali americani, in seguito alla decisione di Robart l’agenzia federale americana che si occupa dei confini e delle dogane ha ordinato alle compagnie aeree che avevano impedito ai cittadini coinvolti nel divieto di Trump di imbarcarsi sugli aerei diretti negli Stati Uniti di ricominciare a consentire gli ingressi. La notizia è stata confermata da un funzionario a conoscenza della decisione, ma che ha parlato in forma anonima. Un rappresentante del Dipartimento di Stato che ha parlato in condizione di anonimità ha detto: «Stiamo lavorando da vicino con il Dipartimento per la Sicurezza interna e la nostra squadra legale per determinare come [la sentenza] influisca sulle nostre attività. Annunceremo qualsiasi cambiamento che riguardi chi viaggia verso gli Stati Uniti appena avremo queste informazioni».
In teoria, al momento, i cittadini dei sette paesi interessati dal divieto possono ora fare nuovamente domanda per il visto per entrare negli Stati Uniti. Un addetto al controllo degli ingressi all’aeroporto di San Francisco ha detto al Guardian di non aver ricevuto istruzioni precise sull’applicazione della sentenza di Seattle. Il procuratore generale dello Stato di Washington Bob Ferguson, che aveva presentato la causa accolta dal giudice Robart, ha sostenuto che la sentenza «annulla immediatamente il divieto sull’immigrazione».
Negli scorsi giorni alcuni tribunali americani si erano già espressi contro alcune parti del divieto sull’immigrazione deciso da Trump, ma la decisione del tribunale di Seattle è quella fino ad ora con le conseguenze più concrete. Quella di bloccare decisioni prese dal governo su base nazionale non è una pratica insolita per i tribunali distrettuali americani. Nello specifico, la decisione di Robart agisce contro due parti del divieto di Trump: la sospensione per 90 giorni dell’ingresso negli Stati Uniti dei cittadini dei sette paesi e i limiti imposti nell’accoglienza dei rifugiati, che ne aveva bloccato l’ingresso per 120 giorni e, nel caso di quelli Siriani, per un tempo indefinito. Il “muslim ban”, come è stato definito, ha causato «danni immediati e irreparabili», ha stabilito la sentenza. Venerdì sono state diffuse le prime stime sulle persone i cui visti sono stati revocati dopo il divieto sull’immigrazione: sono state 60mila, secondo il Dipartimento di Stato. In precedenza un legale del governo aveva detto, durante un’udienza in Virginia, che erano state 100mila...
(Il Post)

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