Cambogia, l'Aids fa strage di prostitute e dei loro figli: impossibile ogni prevenzione...
Uno studio realizzato dalla no-profit americana Global Health Promise. Senza controlli e assistenza finiscono abbandonate a sé stesse. Ogni sforzo per proteggerle si scontra con la discriminazione, con la violenza dei protettori e i metodi della polizia, che spesso usa il preservativo come oggetto di reato, una prova da esibire ai giudici, riducendone di conseguenza l’utilizzo
di RAIMONDO BULTRINIBANGKOK - Uno studio realizzato dalla no-profit americana Global Health Promise, ha indagato sui casi di aborto e AIDS tra le prostitute cambogiane, che sono le due cause principali di morte per questa categoria estremamente a rischio. Di Hiv muoiono anche gran parte dei loro figli, per i quali le donne si prostituiscono, ma a causa dell’isolamento sociale e delle continue minacce di arresto, spesso non possono ottenere i farmaci che potrebbero prolungare la vita e impedire di infettare i bambini.
La prevenzione si scontra con la discriminazione. In un articolo del New York Times il direttore della ricerca, Brian Willis, parla del tentativo di portare all’attenzione, con dati statistici, aspetti poco studiati del fenomeno di diffusione del virus, attraverso la prostituzione e sulle conseguenze del proibizionismo e dell’illegalità per la salute delle lavoratrici del sesso, che senza controlli e assistenza finiscono abbandonate a sé stesse. E’ tra loro che la possibilità di trasmissione – dice lo studio - cresce di circa 12 volte rispetto alla media, e la maggior parte sono madri. Ogni sforzo di prevenzione si scontra con le conseguenze delle stimmate di discriminazione, con la violenza dei protettori e i metodi della polizia, che spesso usa il preservativo come oggetto di reato, una prova da esibire ai giudici, riducendone di conseguenza l’utilizzo. Ma sono numerosi gli abusi che tengono lontane dalle strutture pubbliche migliaia di donne che sono state costrette a prostituirsi o lo hanno scelto volontariamente.
I peggiori aguzzini sono poliziotti. L'età media delle 271 intervistate in 4 città cambogiane era di 29 anni, con già circa sette anni di bordelli, quartieri a luci rosse e karaoke alle spalle, in un Paese che continua ad essere mèta preferita dei turisti del sesso, nonostante gli sforzi di contenere il fenomeno. Ognuna di loro ha subito una forma o l’altra di violenza e, secondo Human Rights Watch (Hrw) gli agenti di polizia sono tra i peggiori aguzzini delle ragazze, delle quali abusano anche quando, anziché arrestarle, le consegnano alle agenzie di assistenza sociale.
Le truffe di Somaly Mam e delle Ong. Lo studio dà modo di affrontare anche il tema della mancanza di adeguati controlli sulle stesse attività delle Ong che lavorano in questo e altri campi umanitari. In Cambogia sono alti i rischi di vere e proprie truffe ai danni dei generosi ma ignari donatori di mezzo mondo. Il caso più clamoroso fu quello di Somaly Mam, un’attivista carismatica, nata in una provincia povera del Paese, che per quasi 20 anni andava in giro per bordelli a “salvare” le ragazze. Molti credevano di aver trovato l’angelo capace di aiutare le donne khmer a liberarsi dai traffici e dallo sfruttamento sessuale, in realtà finanziavano una cinica donna d’affari che inventava perfino il suo passato di prostituta, la storia di un nonno che l’aveva messa in vendita e di una figlia rapita per farla smettere di lottare contro le gang. Le bugie di Somaly Mam vennero scoperte da un’inchiesta giornalistica, che ebbe serie ripercusssioni sulle attività delle Ong cambogiane in generale.
I "grandi nomi" che hanno creduto in lei. A rendere il caso imbarazzante a livello internazionale, fu la lista delle personalità che avevano creduto in lei, nella sua missione e nei contenuti spesso fantasiosi dell’autobiografia divenuta un best seller. Tra queste, la Regina di Spagna, poi Hillary Clinton, l'ex guru e consulente immagine di Mark Zuckerberg, Brandee Barker, la top manager di Facebook, Sheryl Sandberg e l’attrice Susan Sarandon, tra i pochi che continua a difenderla. A fare di Somaly un’eroina globale fu una copertina del Time americano, che nel 2009 la accreditava come una delle 100 donne più infliuenti del mondo. Di lei scrisse sullo stesso numero Angelina Jolie, che proprio in questi giorni è in Cambogia a presentare il suo film sul sanguinario regime dei khmer rossi “First they killed my father”, “per primo uccisero mio padre”. E’ basato sul drammatico racconto personale di un’altra eroina, Loung Ung. Stavolta si suppone che le sue storie biografiche siano tutte vere...(R.it Diritti Umani)
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