Mosul, l'orrore dei jihadisti in fuga: civili uccisi e appesi ai lampioni...
Indosso ai corpi indumenti arancione con la scritta "traditori e agenti delle forze di sicurezza dell'Iraq". I combattenti rimasti sembrano tutti votati al martirio, e si teme si stiano preparando ad usare armi chimiche
ERBIL (KURDISTAN IRACHENO) - Come animali circondati e con le spalle al muro, gli uomini del Califfato si scoprono ancora più feroci, e dipingono di sangue la strada della ritirata da Mosul. Sono state le Nazioni Unite a denunciare l'ultimo orrore: pressati dall'avanzata delle truppe irachene, martedì scorso i jihadisti hanno ucciso quaranta civili e li hanno appesi ai pali della luce in città. Le persone uccise, secondo la ricostruzione dell'Alto commissariato per i diritti umani, erano accusate di aver collaborato con l'esercito di Bagdad impegnate nella riconquista del capoluogo di Ninive. I corpi indossavano indumenti arancione, con la scritta "traditori e agenti delle forze di sicurezza dell'Iraq".
Ma durante le ultime settimane ai funzionari del sedicente Stato islamico è bastato ben poco per condannare a morte: pretesti sufficienti erano il possesso di un telefono cellulare o un tentativo di fuga. Anche un'altra persona, un 27enne, sarebbe stato ucciso nel quartiere di Bab al-Jideed proprio perché colto a usare un telefonino, in violazione del divieto imposto dagli integralisti. Ma nonostante la paura, la gente di Mosul festeggia la liberazione, anche lenta: i soldati di Bagdad, entrati nel quartiere di Al Intisar, si sono visti accogliere con canti e balli.
L'Onu segnala che la furia dell'Isis potrebbe presto tornare a far uso di armi chimiche. Non sarebbe la prima volta che gli uomini del Califfato adoperano ordigni all'iprite o bombe al cloro. Ma è preoccupante la notizia che adesso stanno accumulando riserve di ammoniaca e zolfo a Mosul, in aree ad alta densità di popolazione. Ovviamente l'uso di armi chimiche in ambiente urbano moltiplica la minaccia. Il precedente dell'incendio appiccato il 23 ottobre all'impianto di produzione di acido solforico a Shura, con una nube tossica che è arrivata fino a Qayyara, 30 chilometri più in là, uccidendo complessivamente cinque persone, conferma che i miliziani sono davvero pronti a tutto.
I combattenti rimasti nel capoluogo di Ninive sembrano tutti votati al martirio. Molti di essi sono foreign fighters, decisi a morire con le armi in pugno. Oggi fra le vittime degli scontri c'era un miliziano del Tagikistan, ma gli sfollati parlano di ceceni, sauditi, cinesi, persino qualche tedesco e un cittadino americano.
Le prove di spietatezza, ad ogni modo, servono anche ad indicare che con lo Stato Islamico non c'è nessuno spazio di trattativa o di ragionevolezza: e questo spinge gli Stati maggiori iracheni a premere ancora sull'offensiva, per farla finita con l'organizzazione o chiudere almeno il capitolo del suo radicamento territoriale nel nord Iraq. L'avanzata delle truppe di Bagdad e dei curdi, sostenuta dalla coalizione a guida Usa e dalle milizie
paramilitari sciite, ha già costretto a ridisegnare la mappa del sedicente Stato Islamico: secondo i calcoli più recenti, il regno di Al Baghdadi in Iraq si è ristretto del 56 per cento, insomma è meno della metà, rispetto a prima che l'offensiva cominciasse...
(R.it Esteri)
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