Confessione choc della campionessa. "Vinco oro, poi morire"...




Marieke Vervoort, la sprinter in carrozzina a Rio: soffro troppo, non ce la faccio più



di LEO TURRINI

In apparenza sarebbe una storia come tante altre. Grande campionessa prepara l’ultimo assalto alla Olimpiadeannunciando contestualmente l’addio: dopo, non mi vedrete più in gara. Lo ha fatto capire Federica Pellegrini. Lo ha detto Michael Phelps. Anche Usain Bolt ha reso noto che non lo rivedremo in pista tra quattro anni a Tokio. Il fuoriclasse che azzecca anche l’uscita di scena: un classico, per chi ama lo sport.
Solo che tutto cambia quando la protagonista si chiama Marieke Vervoort. Nome e cognome che in Italia nulla dicono. Ma a casa sua, in Belgio, la trentasettenne fuoriclasse è una icona del movimento paralimpico. Ha collezionato successi e medaglie con il basket in carrozzina e con il triathlon, prima di approdare all’atletica. Adesso è a Rio, per difendere l’oro sui 100 metri nella classe T52. E una intera nazione farà il tifo per Wielemie, che sarebbe poi il suo nomignolo.
"Voglio morire". Affetta da una malattia degenerativa, Marieke si è sfogata alla vigilia delle gare della Paralimpiade. Senza nulla nascondere di uno stato d’animo che fatalmente contrasta con l’atmosfera gioiosa che circonda l’evento. "La mia salute continua a peggiorare – ha raccontato –. Sono mesi che l’angoscia e il dolore trasformano le mie notti in maratone d’insonnia e poi durante il giorno svengo in casa per la stanchezza accumulata. Non mi illudo più, non mi sono anzi mai illusa, solo che comincio a pensare che vivere così non abbia più senso. Nel mio paese c’è una legge che consente l’eutanasia. Sto esaminando seriamente l’ipotesi".
Le parole della campionessa hanno fatalmente colto di sorpresa chi sempre l’aveva vista e immaginata come un simbolo, come un modello, come un punto di riferimento. Ma proprio per questo sono state accolte con grandissimo rispetto. La Vervoort non ha mai avuto segreti per i suoi fans: da anni pubblica on line un diario quotidiano, dove insieme alle tabelle di allenamento espone abitualmente con schiettezza le sue sensazioni. Nell’intervista che contiene il drammatico riferimento allaeutanasia, Marieke si è spinta fino ad auspicare l’atteggiamento che dovrebbero i supporters e gli amici se arrivasse la notizia del suo congedo non dallo sport, ma dalla vita: ‘Vorrei che tutti brindassero con un bicchiere di champagne in mano, dedicandomi un pensiero’.
Al tempo stesso, pur accarezzando l’idea di ricorrere alla ‘dolce morte’ (la normativa vigente in Belgio permette l’eutanasia una volta ottenuto il consenso motivato di tre medici specialisti), la Vervoort non ha mai smesso di allenarsi, compatibilmente con il suo stato di salute. Ha segnato in rosso sul calendario l’appuntamento della Paralimpiade di Rio. Mentre accennava al suo desiderio di farla finita, ha ragionato da atleta sulle chances agonistiche. "La possibilità di salire di nuovo sul podio ce l’ho – ha spiegato –. Troverò una concorrenza molto agguerrita, rispetto a Londra il livello delle avversarie è parecchio cresciuto. Ma sono felice di affrontare la trasferta in Brasile, le gare sono da sempre uno dei momenti migliori che la vita mi concede"...
(Quotidiano.net)

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