Abdelhakim Belhadj: “Da Tripoli a Misurata, noi pronti a fermare Daesh”...




Il capo di una delle milizie islamiste: "Non possiamo più aspettare il governo di unità. L’ intervento dell’Europa qui in Libia verrebbe bollato come un’azione di crociati contro l’Islam”





 "Siamo noi in Libia che dobbiamo combattere l'Is. Non so quando ci sarà un governo, ci sono ancora molti problemi. Ma so una cosa: nel frattempo noi gente di Libia, da Tripoli a Misurata, dovremo combattere l'Is. Siamo pronti a farlo". Chi parla così non è un leader libico qualsiasi: è Abdelhakim Belhadj, il capo militare islamista che ha fondato il partito Al Watan di Tripoli, uno dei leader della fazione di Tripoli che ha una lunga storia: dalla militanza jihadista con i mujaheddin che combatterono i russi in Afghanistan, alle accuse di essere stato vicino ad Al Qaeda, alla "rendition" organizzata dalla Cia che lo consegnò alla Libia, ai 6 anni trascorsi nelle carceri di Gheddafi, fino alla rivoluzione e poi al ruolo politico che si sta ritagliando a Tripoli. Belhadj è stato a Roma per un incontro di leader libici promosso da Sant'Egidio.

Signor Belhadj, lo scontro politico fra voi libici sta rallentando le operazioni contro l'Is. Non vi accorgete di questo pericolo mortale?
"Il Daesh è un pericolo, si sta radicando a Derna e Sirte. Ne abbiamo discusso al Congresso Nazionale Generale di Tripoli: da Zwara, da Tripoli fino a Misurata ci sono le milizie e le forze necessarie per combattere il Daesh, abbiamo bisogno del supporto logistico necessario ma possiamo farlo. Non possiamo più aspettare un governo che ancora non c'è. Il Daesh ha già colpito a Tunisi, a Parigi. Per questo abbiamo rivolto un invito alla mobilitazione in Libia".

La comunità internazionale aspetta che formiate un governo perché non vuole intervenire in Libia con il rischio di ricompattare un fronte filo-Califfato.
"Ma infatti siamo noi che dobbiamo combattere Daesh. Un intervento europeo verrebbe bollato come una nuova azione dei "crociati" contro l'Islam, e gli stessi seguaci di Gheddafi userebbero questo tipo di propaganda per reclutare nuovi sostenitori. Annientare questi criminali è compito della comunità internazionale, ma dovremo fare noi libici queste operazioni chirurgiche. Metteteci in condizione di farlo".

Il governo non si fa perché si litiga sul ruolo da assegnare al generale Haftar: lui vuole essere a tutti i costi ministro della Difesa.
"Non lo accetteremo mai, Haftar antepone il suo interesse personale a quello della Libia. È uno che nel 2014 presentò in tv annunciando un colpo di Stato, ha detto che sospendeva il parlamento e da allora è partito con questa sua avventura che ha diviso ancora di più la Libia. Haftar è una grande parte del problema e purtroppo alcuni paesi della regione lo sostengono"...
(R.it)

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