Portò il figlio di 16 mesi in Siria Condannata da una corte inglese...
Dalle Spice Girls al Califfato, poi la
fuga. Tareena è la prima jihadista pentita in carcere
di Fabio
Cavalera, corrispondente da Londra
Andava
matta per la soap opera televisiva che è conosciuta in Inghilterra col
diminutivo di «Towie». Amori e drammi nell’Essex. Ne era così
entusiasta,Tareena Shakil, mamma del piccolo Zaheem, che qualche giorno prima
di volare verso il fortino dell’Isis, Raqqa, si era fatta 200 chilometri per
comperare alcuni vestiti nel negozio gestito da alcuni fra i protagonisti dello
show di Itv. Poi il 23 ottobre 2014, carina e in minigonna, spingendo il
passeggino col figlioletto di 16 mesi e ripresa dalle telecamere dell’aeroporto
delle East Midlands, si era imbarcata verso la Siria. «Volevo vivere sotto la
legge della sharia e credevo che le atrocità raccontate sull’Isis fossero
un’invenzione dei media occidentali».
Ex liceale di Birmingham
L’ex
studentessa con voti vicini all’eccellenza in un liceo di Birmingham parla in
un’aula della corte suprema. Sei giudici uomini e sei donne l’hanno già
condannata per avere appoggiato le attività terroristiche, il jihad, la guerra
santa. Tareena Shakil aspetta di sapere quanto dovrà restare in carcere. Domani
il verdetto. E’ la prima mamma inglese (ha 26 anni) che finisce dietro le
sbarre per essersi arruolata con l’Isis. Ma si è pentita. Era fuggita col
bimbo. «Desidero morire da martire». Aveva pubblicato le sue immagini col mitra
in mano. E’ tornata sui suoi passi, dopo appena tre mesi e mezzo, inorridita.
E, nel febbraio 2015, l’hanno arrestata e ora processata. «Non chiedo
comprensione, la decisione di andare in Siria è stata soltanto mia». Papà
pachistano e mamma australiana, ceto medio. «Non credenti». Tareena Shakil è
cresciuta senza velo con le mode e i consumi occidentali, con la musica
occidentale. Era abbagliata dalle Spice Girls. Difficile immaginare che la
potessero reclutare fra i «soldati» e fra i tagliagole dello Stato Islamico.
Una storia d’amore finita male
Eppure un
giorno è capitato. Forse complice un cedimento psicologico, certamente
suggestionata dai falsi profeti della guerra santa, Tareena Shakil ha pensato
che la sua missione fosse quella di posare con il mitra in Siria. Aveva una
storia d’amore alle spalle, finita nel peggiore dei modi. Un uomo, un somalo,
che lei, dopo il matrimonio, aveva scoperto sposato e con due mogli. Era già
nato Zaheem. Divorziarono. Chissà, forse la delusione l’ha spinta in mano ai
terroristi. Iscrittasi a un corso di management alla «London School of business
and finance», aveva cominciato a immergersi nei siti internet del radicalismo
islamico. Senza abbandonare le soap opera televisive.
Quel tweet da Raqqa
«Vado in
Spagna, porto mio figlio al mare». In questo modo, il 23 ottobre 2014 Tareena
si è congedata dai genitori. Col bambino nel passeggino. Ha dato notizia di sé
dopo qualche giorno con un cinguettio su Twitter: «E’ il mio jihad». La Turchia
e da qui, accompagnata dal «contatto», a Raqqa. Nell’inferno. L’hanno rinchiusa
nell’edificio dell’ex governatore di Raqqa, assieme ad altre trenta donne,
«francesi, filippine, arabe», in attesa di essere «assegnate a un militante».
«C’era una padrona alla quale dovevamo obbedire». Schiave sotto i
bombardamenti, «ogni notte». L’infatuazione di Tareena per l’Isis è durata
poco.
Il taxi verso la Turchia
Il 6 gennaio
2015 ha pagato 50 dollari a un taxista siriano. «Portami al confine». Ha
scavalcato il filo spinato col bambino in braccio, ha abbandonato lo Stato
Islamico. E ha scritto ai suoi genitori. «Aiutatemi, venite a prendermi». Il
padre l’ha presa in Turchia ma il 6 febbraio a Heathrow l’hanno arrestata. Ha
provato a inventare una scusa: «Mi avevano rapito». Niente scuse: carcere, processo,
colpevole. La prima mamma dell’Isis pentita dovrà frequentare corsi di
«deradicalizzazione» in carcere. Poi ritroverà la libertà...
(Corriere della Sera)
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