In Arabia Saudita 47 esecuzioni per terrorismo. Tra gli uccisi c’è anche il leader sciita Al Nimr...




Mai così tante decapitazioni nel Paese: le condanne a morte nel 2015 sono state 157.



Quarantasette «terroristi» sono stati giustiziati in Arabia Saudita. Lo ha annunciato il ministero dell’interno saudita secondo quanto riferisce al Arabiya. Le persone messe a morte erano state condannate per aver progettato e compiuto attacchi terroristici contro civili.  

Secondo il ministero la maggior parte delle persone messe a morte erano coinvolte in attacchi attribuiti ad al Qaeda ed avvenuti tra il 2003 e il 2006 e provenivano da 12 regioni del paese. Tra le 47 persone condannate a morte figura anche il religioso sciita Nimr al-Nimr, che era stato condannato l’anno scorso per sedizione. Arrestato a luglio del 2012, era uno dei leader principali delle proteste sciite nella parte orientale del paese. 

In Arabia Saudita nel 2015 sono state eseguite almeno 157 condanne a morte con decapitazioni, raggiungendo il livello più elevato nel regno in due decenni. La denuncia arriva da gruppi che si battono contro la pena di morte nel mondo. In concomitanza con l’aumento delle esecuzioni è salito il numero di persone giustiziate per reati non letali, in particolare per droga, secondo Amnesty International almeno 63 fra gennaio a novembre 2015.  

In un lungo rapporto pubblicato ad agosto, Amnesty cita il caso di al-Shammari Lafi, un cittadino saudita, senza precedenti penali che è stato giustiziato a metà 2015 per traffico di droga. La persona arrestata con lui, accusata degli stessi reati ha ricevuto una pena detentiva di 10 anni, pur avendo precedenti arresti legati al traffico di stupefacenti. L’Osservatorio per i Diritti Umani ha rilevato che fra i primi 100 prigionieri giustiziati nel 2015, 56 sono stati condannati sulla base di discrezionalità giudiziaria e non per reati per cui la legge islamica prevede come specifica punizione la pena di morte. 

In Arabia Saudita gli imputati non possono avvalersi di avvocati difensori e, in numerosi casi di sud-asiatici arrestati per traffico di droga, non sono forniti gli interpreti durante le udienze. Nel 2005 un regio decreto emanato in Arabia Saudita per combattere la droga ha ulteriormente definito il diritto dei giudici di emettere sentenze di esecuzione «a titolo di penale discrezionale» contro chiunque sia trovato colpevole di contrabbando, ricezione o produzione di sostanze stupefacenti. 

La legge saudita prevede l’ esecuzione in casi di omicidio, reati di droga e stupro. Anche se raramente eseguita, la pena di morte si applica anche all’adulterio, apostasia e stregoneria. In difesa di come l’Arabia Saudita applica la Sharia, Bandar al-Aiban, rappresentante del regno presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, ha detto in un discorso a Ginevra nel marzo scorso che la pena capitale si applica «solo a coloro che commettono crimini efferati che minacciano la sicurezza». Il Paese respinge con forza le accuse di comportamento simile a quello dell’Isis, poiché la maggior parte delle esecuzioni avviene tramite per decapitazione e a volte in pubblico...
(La Stampa.it)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook