Burkina Faso, 16 ore di assedio a Ouagadougou: chi c'è dietro l'attacco?...






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Il caos delle ultime ore a Ouagadougou, capitale del poverissimo Burkina Faso, è la cartina tornasole di come l'estremismo islamico salafita in Africa sia sempre più forte.
Venerdì sera una forte esplosione ha sconvolto la serata del quartiere Saint Leon, il più ricco e occidentale di Ouagadougou, dove diplomatici, uomini d'affari, giornalisti e (pochi) turisti affollano locali, strade ed alberghi. Il caffè Cappuccino, un locale alla moda situato su una delle arterie più importanti della capitale burkinabè, Kwame Nkrumah Avenue, e di proprietà di un ristoratore italiano, era affollato di clienti, sopratutto stranieri. Di fronte al caffè si trova l'Hotel Splendid, il principale punto di riferimento per diplomatici e uomini d'affari: da 20 ore, proprio allo Splendid, l'albergo è tutto esaurito. Molti dei suoi ospiti partecipano ad un ricevimento al suo interno, offerto dall'Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA). Tra di loro c'è il ministro Clement Sawadogo, che si occupa della funzione pubblica burkinabè per il neonato governo. Da poche settimane il paese “degli uomini e delle donne integri” (questo significa Burkina Faso) è diventato una democrazia matura, un vero unicum nel panorama africano. Dopo avercacciato senza sparare un colpo il dittatore Blaise Compaoré (rifugiatosi in Costa d'Avorio), che deteneva il potere dal 1987, aver avviato un processo di democratizzazione e modernizzazione durato oltre un anno, aver respinto sempre con la forza della nonviolenza i golpisti guidati dal generale Gilbert Diendéré, avviato un processo contro costoro e votato democraticamente per un nuovo presidente ed un nuovo parlamento, il Burkina Faso si appresta ad affrontare la sfida più difficile: risollevare le sorti economiche di uno dei paesi più poveri del mondo.
Alle 19:30 di venerdì 15 gennaio si odono, distinte, due esplosioni fortissime: è uno choc. Nemmeno il tempo di realizzare ciò che sta succedendo che tre uomini armati di kalashnikov aprono il fuoco sui clienti che siedono sulla terrazza del Cappuccino, che si trova a circa 1 chilometro e mezzo dall'aeroporto: “Hanno sparato a distanza molto ravvicinata” ha detto Roland Kassoumina a Le Monde. Per 45 minuti gli assalitori si occupano dei clienti del Cappuccino ed esplodono decine di colpi anche per strada, che si svuota dal traffico e dai passanti. Poi, prima di darsi alla fuga, danno fuoco alla struttura: “Eravamo dentro [nel bar, nda] e non riuscivamo più a respirare. Saremmo morti bruciati, per cui alcune persone hanno cominciato a scappare ma quando uscivano i terroristi gli sparavano addosso”ha detto Geremia Bangou a Radio France International (RFI).
L'azione del commando continua. Arrivano altre persone armate, alcune restano con degli ostaggi nel caffè Cappuccino mentre gli spari per strada si affievoliscono e si intuisce che gli altri si stanno spostando. Poi l'allarme, lanciato dall'Hotel Splendid“sono là dentro” urla qualcuno. Gli uomini armati entrano nel parcheggio dell'hotel e danno fuoco alle auto nel parcheggio, poi assaltano la struttura alberghiera e prendono in ostaggio tutti gli ospiti dell'Hotel da 140 camere. Ministro compreso.
Nel frattempo, lungo la strada l'unità speciale della gendarmeria burkinabè cerca di coordinare le operazioni per un intervento che deve essere rapido: una struttura fatiscente vicino all'azione diventa il quartier generale ma nessuno sa cosa fare. Partono le prime chiamate, mentre i media occidentali riprendono le drammatiche notizie da Ouagadougou: la Francia invierà le forze speciali. Gli Stati Uniti i Navy Seals. Ma ci vuole del tempo.
Le forze burkinabè fanno ciò che possono: non ricevono lo stipendio da due mesi ma nonostante tutto si attivano, ingaggiano scontri a fuoco continui con gli assaltatori, cercano di ferirne qualcuno. Aspettano i rinforsi. Alle 2 del mattino, dopo oltre sei ore di conflitto a fuoco tra le forze armate del Burkina Faso e gli assaltatori asserragliati nell'Hotel Splendid con centinaia di ostaggi, arriva la prima risposta vera all'assalto: francesi ed americani intervengono, tra una raffica e l'altra le trattative con gli assalitori sembrano sbloccarsi. Alle 4 il ministro per la sicurezza nazionale Simon Compaoré annuncia laliberazione di 30 ostaggi, tra cui il ministro Sawadogo, e l'imminente liberazione di altri 33 feriti. Per un'ora e mezza non succede altro. Mentre su Ouagadougou albeggia si fa la prima conta: “tre terroristi sono stati uccisi ma altri sembrano essere ancora attivi e continuano a sparare” si legge in una dichiarazione stampa del ministro Compaoré. Alle 5 tre assaltatori vengono freddati davanti al Taxi-Brousse, un locale a 30 metri dal Cappuccino. Secondo Jeune Afrique due arabi e un nero africano. Fino alle 6:30 del mattino gli altri ostaggi restano bloccati. Alle 7 le forze speciali americane e francesi decidono per un nuovo assalto. Si pensa sia finita.
“È stato orribile, la gente si è buttata in terra con gli occhi chiusi, c'era sangue dappertutto. Sparavano alle persone da distanza ravvicinata...li sentivamo parlare tra loro mentre camminavano tra le persone buttate in terra sparando su chi non era morto” racconta all'Agence France-Presse Yannick Sawadogo, un sopravvissuto dell'hotel. Intanto il Presidente burkinabè neo eletto Roch Marc Kaboré si mostra in televisione, annuncia la linea dura contro “i terroristi”, fornisce le prime cifre: “23 morti di varie nazionalità”. Nell'albergo ci sarebbero ancora 150 persone di 18 differenti nazionalità.
Poi arriva la rivendicazione, mentre sono ancora in corso gli spari: un comunicato stampa diffuso su Twitter da al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) rivendica la paternità dell'azione ed un secondo comunicato di AQUIM precisa: il commando è composto da miliziani affiliati al gruppo al-Mourabitoune, assurto agli onori delle cronache internazionali dopo l'attacco (identico) al Radisson Hotel di Bamako, in Mali, due mesi fa. In quell'occasione molti membri del commando erano riusciti a darsi alla fuga. Il gruppo è tuttavia piuttosto conosciuto, sopratutto in Mali e nord del Niger: il gruppo è composto sopratutto da Tuareg e arabi (secondo il ministro della sicurezza burkinabè erano “sia arabi che africani” gli uomini del commando e secondo un membro delle forze di sicurezza “c'erano due donne”) provenienti dalle zone settentrionali del Mali. Il gruppo è guidato da Mokhtar Belmokhtar, un algerino noto trafficante d'armi e di droga (le due principali fonti di finanziamento del gruppo) addestrato da al-Qaeda in Afghanistan e affiliatosi a loro nell'agosto 2013. 
Le fasi finali dello scontro sono angoscianti, secondo le testimonianze: gli assalitori cedono, liberano 126 ostaggi. I morti accertati sono 27, non si sa quanti di essi siano membri del commando. Le forze di sicurezza, nonostante abbiano dichiarato conclusa l'azione, continuano ad ingaggiare un violentissimo e serratissimo scontro a fuoco, questa volta contro due uomini armati asserragliati nell'Hotel Yibi, di fianco al Caffè Cappuccino e proprio dirimpetto all'Hotel Splendid. Poi il ministro, quando le bocche dei fucili tacciono da diversi minuti, dichiara concluse ufficialmente le operazioni.Molti assaltatori sono riusciti a darsi alla fuga, come era già successo a Bamako settimane fa.“Abbiamo fatto il possibile per prevenire l'attacco” spiega un poliziotto coperto dall'anonimato a Le Monde “per settimane siamo stati in allerta […] non siamo in grado di fare nulla contro queste persone”.
Guy Hervé Kam, un famoso avvocato portavoce di un movimento della società civile burkinabè, hadichiarato a RFI: “Siamo appena usciti dalle elezioni. La velocità con cui è stato rivendicato questo attacco fa pensare che sia un attacco contro la democrazia”. E forse ha ragione l'avvocato Kam. Nel terzo comunicato il gruppo islamista salafita indica i fatti di Ouagadougou come “vendetta contro la Francia” cosa che per chi conosce i fatti africani recenti nella zona del Burkina Faso fa volgere lo sguardo verso est. Verso la Costa d'Avorio.
Una possibile interpretazione dell'attacco a Ouagadougou (attenzione: “un'interpretazione” e non “la verità assoluta” della quale saranno le autorità burkinabè ad occuparsi) infatti butta l'occhio al 13 gennaio scorso, due giorni prima dell'attentato nella capitale burkinabè, quando l'Interpol ha spiccatoun mandato d'arresto contro Guillaume Soro, numero due del regime ivoriano, proprio dietro richiesta del nuovo governo del Burkina Faso. Il mandato d'arresto infatti, richiesto dal direttore della giustizia militare burkinabè Sita Sangare, riguarda il processo contro i golpisti protagonisti del fallito colpo di stato del 17 settembre scorso. La pistola fumante sarebbero due registrazioni telefoniche tra Soro e Djibril Bassolé, ex ministro degli esteri del regime burkinabè, nelle quali Bassolé chiederebbe a Soro un sostegno, anche finanziario, per il colpo di stato del generale Diendéré.
Il governo ivoriano ha risposto immediatamente denunciando “l'atto ostile contro la Costa d'Avorio” ma non ha trovato molti amici a cui appoggiarsi: uno di questi, certamente quello economicamente più di peso, è Teodoro Nguema Obiang Mangue, secondo vicepresidente della Guinea Equatoriale, che di recente si è mostrato di buon grado accanto a Soro, inviando lunedì 21 dicembre in Costa d'Avorio giocattoli per 100.000 bambini ivoriani. Un simbolo per mostrare all'Africa il nuovo corso dei rapporti nella parte occidentale del continente. Altrettanto noti sono i contatti tra Soro e alcuni gruppi islamisti del Sahara occidentale, contatti stretti non solo di tipo religioso ma anche economico e politico...
(International Business Times)

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