Contro cronaca delle elezioni in Arabia Saudita...






 
A qualche giorno di distanza dall’attesissimo election day in Arabia Saudita abbiamo avuto il tempo di masticare, digerire e vomitare tutta la retorica dei media occidentali sullo storico evento.
 
I fatti in breve: prime elezioni nella storia del paese che vedevano le donne alle urne nella più grande petromonarchia mediorientale. Gentile concessione dell’ormai defunto re Abdullah, che nel 2011 apri al suffragio femminile, concedendo anche una “quota rosa” del 20% nel consiglio della Shura.
 
Si parla di almeno 20 donne elette un questa tornata amministrativa. Molta stampa europea e statunitense ha accolto la notizia con giubilo. Parlando di apertura alla democrazia, avvicinamento all’occidente, grande traguardo ecc.
 
Provando a dare una visione laica dell’accaduto si potrebbe dire che:
 
1) I seggi per i consigli comunali sono 284, di cui un terzo viene comunque nominato dal sovrano.
 
2) Per i restanti due terzi (eletti dal popolo) su 6917 candidati le donne erano 979.
 
3) Le venti pioniere perciò rappresentano la bellezza dell’ 1% circa dei seggi occupati.
 
4) Le donne non potevano registrarsi da sole ai seggi, dovevano essere accompagnate da un uomo.
 
5) L’affluenza femminile è stata bassissima anche perché non basta una concessione del re per cancellare certi “costumi”; molte donne si sono dovute scontrare con il secco no della famiglia di appartenenza.
 
6) Inoltre il tanto sponsorizzato 20% rosa nel consiglio della Shura dovrebbe essere ridimensionato, non tanto sui numeri, (meglio, molto meglio, il 20% che l’1%) quanto per l’importanza degli scranni che si andranno ad occupare, visto che si tratta di un organo con poteri consultivi e limitati, nominato dal re ogni 4 anni (insomma un branco di attenti segugi pronto a dar battaglia).
 
Intendiamoci, queste elezioni sono state comunque molto importanti. Non si vuole ridimensionare la portata dell’evento, ma solo smorzare facili e stupidi entusiasmi.
 
Sarebbe bello pensare che la stampa occidentale enfatizzi l’evento solo perché miope e ignorante. Si potrebbe tranquillamente concludere il pensiero dichiarando che bisogna tenere i piedi ben saldi a terra, che siamo agli inizi di un lungo e tortuoso cammino e così via.
Farebbe comodo pensarla così.
I benpensanti si beccano il contentino e continuano a tenersi voltati dall’altra parte, i governi dell’ovest (sopratutto quello USA) fanno guadagnare un po’ di consenso al loro più caro alleato nello scacchiere mediorientale.
 
L’ Appeal del governo saudita in effetti negli ultimi tempi iniziava a calare considerevolmente, complice il suo ruolo nelle “primavere” arabe e la questione democratica (a tutti i livelli) all’interno dei suoi confini. Con questa boccata d’ossigeno (o meglio, di fumo sugli occhi dell’opinione pubblica) si può dormire più sereni: Hillary potrà vergognarsi meno dei suoi generosi finanziatori (vedi “Fondazione Clinton”), Renzi e gli altri leader europei potranno continuare a vendergli allegramente le armi (con tanti auguri agli sciiti yemeniti) e Obama continuare a credersi il Nelson Mandela dei poveri per ancora tanto tempo.
 
Intanto Riyad, approfittando del lustro mediatico, annuncia a gran voce che sarà protagonista di una nuova coalizione anti ISIS (affidabilissimi).
L’oasi che si intravede forse è solo un miraggio, ma d’altronde siamo in mezzo al deserto. Bisogna metterlo in conto...
(AgoraVox)

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