Calabria, la storia del bimbo nato da due migranti nigeriani...




S. è venuto alla luce dopo lo sbarco. La madre, di 17 anni, era stata rapita in Libia. E il padre ha lavorato per riscattarla. A L43 la storia che ha commosso Reggio.



di 

È nato, nonostante tutto.
La notte del 4 settembre, a Reggio Calabria, è venuto alla luce S.
La sua mamma è una 17enne nigeriana e suo papà ha un anno di più.
Due adolescenti scappati su un barcone e arrivati a luglio sulle coste italiane, pagando 1.500 euro a testa.
SPERANZA E RIFUGIO. Inquesto esodo che ormai non può più essere considerato emergenza ma normalità, esiste - come in ogni normalità - anche la vita.
Sono lì a dimostrarlo le due piccole nate in Ungheria. Sadan, cioè rifugio, il primo settembre nel sottopasso derlla stazione Keleti. Pochi giorni dopo è venuta alla luce, strano a dirsi in una galleria, Shems, e cioè 'alba', 'speranza'. In Italia è stata la notte di S.
IL RISCATTO DELLA COMPAGNA. I due ragazzi avevano raggiunto la Libia, ma poco prima di imbarcarsi la giovane è stata rapita dai mercenari. Per riscattarla, il compagno si è trovato un lavoro presso un meccanico che gli garantiva vitto e alloggio. Tutto lo stipendio, per alcuni mesi, è stato girato alle milizie.
Una storia finita bene: la 17enne è stata liberata e sono riusciti a salpare.
Ora la nuova famiglia è ospite in una casa per minori.

A scuola con un tutore

«Il primo settembre», racconta a Lettera43.it Giuseppe Piacenza dell'associazione Papa Giovanni XXIII, «siamo andati a iscriverli a scuola, con un tutore».
Il ragazzo, in realtà, è un calciatore. Così a Reggio Calabria ci si sta dando da fare per cercare una società disposta ad allenarlo.
Al di qua del Mediterraneo la coppia ha cominciato una vita normale. «Appena sbarcano questi ragazzi sono spaesati», spiega Piacenza. «Sembra strano, ma occorre loro tempo per rendersi conto che qui c'è una legislazione che li tutela».
DIRITTI, QUESTI SCONOSCIUTI. Arrivando da Paesi in cui la violenza è indiscriminata e in cui l'unico loro diritto è sopravvivere, ora scoprono di averne altri; come quello di andare a scuola, per esempio.
«Ciò che noi diamo per scontato, per loro è una conquista alla quale devono abituarsi», dice Piacenza.
Vite che cominciano e che resistono.
SOPRAVVIVERE ALLA PROPRIA FAMIGLIA. Come quella della 13enne sopravvissuta al naufragio dello scorso aprile. Tra le 800 vittime stimate c'è tutta la sua famiglia.
Lei, invece, si è salvata e ora si trova in Calabria.
Il padre era riuscito a pagare a lei e a sua sorella il passaggio sul ponte del barcone. Lui, la moglie e il fratellino piccolo, invece, erano rimasti chiusi nella stiva. I soldi per una traversata 'più sicura' non bastavano per tutti.
Quando la nave è affondata, la sorella più grande ha sostenuto la minore tenendola con la testa fuori dall'acqua fino all'arrivo dei soccorsi. Per lei, sfinita dallo sforzo, invece non c'è stato nulla da fare...
(Lettera 43)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook