Siria, vivere sotto assedio tra la fame e le bombe...
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Un nuovo rapporto sulla Siria diffuso l'11 agosto da Amnesty International denuncia le condizioni disumane in cui vivono circa 163.000 civili nella regione della Ghouta orientale, alle porte della capitale Damasco, contesa tra le forze governative e l’opposizione armata, colpita con le armi chimiche due anni fa e sotto assedio ormai dal novembre 2012.
Da gennaio a giugno di quest’anno, l’aviazione del presidente Bashar al-Assad ha compiuto almeno 60 attacchi, uccidendo non meno di 500 civili (la foto di Mohamed Abdullah si riferisce a un attacco degli anni precedenti).
Il rapporto di Amnesty International ha esaminato 13 di questi attacchi, nei quali sono stati uccisi 231 civili e solo tre membri dell’opposizione armata: in 10 di questi attacchi non c’era alcun obiettivo militare da colpire, gli altri tre hanno costituito come minimo attacchi sproporzionati se non indiscriminati. In tutti i casi, si tratta di crimini di guerra.
L’assedio della Ghouta orientale ha conseguenze drammatiche: acqua, cibo, medicine, elettricità, combustibile da riscaldamento entrano in misura molto limitata, se e quando chi controlla gli ingressi nella regione lo consente. La norma è che gli aiuti vengano requisiti ai posti di blocco e rivenduti al mercato nero, dove la popolazione civile è costretta ad acquistarli a prezzi esorbitanti.
Tra il 21 ottobre 2012 e il 31 gennaio 2015, almeno 200 civili sono morti di fame o per mancanza di cure mediche.
Accanto alla popolazione affamata, i membri del gruppo armato Jaysh al-Islam (Esercito dell’Islam) non solo hanno tutte le razioni di cibo e ogni altra comodità a disposizione. Amnesty International li accusa anche di sequestri, torture, uccisioni e attacchi indiscriminati contro obiettivi civili.
Un anno e mezzo fa, il Consiglio di sicurezza aveva approvato una risoluzione (a tre anni dall’inizio del conflitto siriano) in cui chiedeva, tra l’altro, la fine degli assedi e l’ingresso senza ostacoli degli aiuti umanitari alle popolazioni che ne erano in disperato bisogno. Quella risoluzione è rimasta largamente sulla carta.
PS: Una buona notizia: il 10 agosto, dopo tre anni e mezzo di carcere, è stato rilasciato Mazen Darwish, direttore del Centro siriano per i media e la libertà d’espressione...
(AgoraVox)
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