Isis, la mappa del terrore e come difendersi...
Lupi solitari. Mete sconsigliate. Prevenzione. La black list della Farnesina per le vacanze. E intanto Londra sventa un attacco.
Dopo il venerdì di terrore che ha straziato tre continenti, la domanda rivolta a tutti i capi di governo è «quando sarà il prossimo attacco e come possiamo difenderci?».
La risposta più realistica è stata quella del premier francese Manuel Valls: «È difficile per una società vivere per anni sotto la minaccia di un attacco. Ma ormai la domanda non è se ce ne sarà un altro, ma quando questo avverrà».
PICCOLI GRUPPI. Bisogna imparare a convivere con la minaccia costante di attentati terroristici, sempre più spesso azione di singoli come è accaduto il 26 giugno vicino a Lione, come successe nel caso della strage alla redazione diCharlie Hebdo, al museo ebraico di Bruxelles, alla sinagoga di Copenaghen.
Si tratta di «piccoli gruppi che si muovono con mezzi non ingenti, ma hanno una organizzazione e una convinzione forte, che portano a minacce interne forti che vanno considerate come tali», gli ha fatto eco il premier Matteo Renzi, quindi, «teniamo alta la guardia come è naturale che sia».
La risposta più realistica è stata quella del premier francese Manuel Valls: «È difficile per una società vivere per anni sotto la minaccia di un attacco. Ma ormai la domanda non è se ce ne sarà un altro, ma quando questo avverrà».
PICCOLI GRUPPI. Bisogna imparare a convivere con la minaccia costante di attentati terroristici, sempre più spesso azione di singoli come è accaduto il 26 giugno vicino a Lione, come successe nel caso della strage alla redazione diCharlie Hebdo, al museo ebraico di Bruxelles, alla sinagoga di Copenaghen.
Si tratta di «piccoli gruppi che si muovono con mezzi non ingenti, ma hanno una organizzazione e una convinzione forte, che portano a minacce interne forti che vanno considerate come tali», gli ha fatto eco il premier Matteo Renzi, quindi, «teniamo alta la guardia come è naturale che sia».
Evitare Egitto e Maghreb, ma occhi aperti anche in Thailandia
Un livello che era già stato alzato in questi giorni dai servizi di intelligence occidentali dopo la ricezione, tre giorni fa, del messaggio trasmesso via internet dal portavoce dell’Isis Abu Mohammed al-Adnani.
«Il gesto migliore per avvicinarvi a Dio è la jihad, quindi sbrigatevi a farlo durante questo mese e siate pronti al martirio».
Un invito alla violenza arrivato quando sicuramente gli attacchi in Tunisia, in Francia e in Kuwait erano già stati pianificati, ma che porta gli investigatori a pensare che altri potrebbero essere progettati più velocemente.
CAIRO NELLA LISTA NERA. Per provare a difendersi l'Italia ha potenziato ulteriormente la sorveglianza impiegando l’esercito per nuovi possibili obiettivi, ma ha soprattutto aggiornato la lista delle mete turistiche ritenute particolarmente a rischio.
Basta monitorare il sito web della Farnesina dove sono elencati tutti i Paesi considerati a rischio. A partire dal Cairo, una delle città inserite nella lista «nera» del ministero degli Esteri che «raccomanda di evitare i viaggi non indispensabili in località diverse dai resort situati a Sharm el-Sheik, sulla costa continentale del mar Rosso, nelle aree turistiche dell’Alto Egitto e di quelle del mar Mediterraneo».
A RISCHIO NON SOLO IL MAGHREB. Tutta l'area del Maghreb viene ritenuta ad altissimo rischio dalla Farnesina che scrive: «di fronte all’innalzamento del livello di allerta terrorismo» la necessità di «osservare estrema cautela nelle grandi città a elevata presenza turistica come Fez, Rabat, Marrakech, Casablanca e Salé».
Ma anche in Thailandia non si può stare tranquilli, il ministro degli Esteri ricorda la «serie di quattro attentati (di cui due a febbraio di fronte a un centro commerciale nel cuore della capitale e al Tribunale di Bangkok e due il 10 aprile nel parcheggio di un centro commerciale sull’isola di Samui e in un grande magazzino nei pressi di Surat Thani) che hanno causato alcuni feriti.
«Il gesto migliore per avvicinarvi a Dio è la jihad, quindi sbrigatevi a farlo durante questo mese e siate pronti al martirio».
Un invito alla violenza arrivato quando sicuramente gli attacchi in Tunisia, in Francia e in Kuwait erano già stati pianificati, ma che porta gli investigatori a pensare che altri potrebbero essere progettati più velocemente.
CAIRO NELLA LISTA NERA. Per provare a difendersi l'Italia ha potenziato ulteriormente la sorveglianza impiegando l’esercito per nuovi possibili obiettivi, ma ha soprattutto aggiornato la lista delle mete turistiche ritenute particolarmente a rischio.
Basta monitorare il sito web della Farnesina dove sono elencati tutti i Paesi considerati a rischio. A partire dal Cairo, una delle città inserite nella lista «nera» del ministero degli Esteri che «raccomanda di evitare i viaggi non indispensabili in località diverse dai resort situati a Sharm el-Sheik, sulla costa continentale del mar Rosso, nelle aree turistiche dell’Alto Egitto e di quelle del mar Mediterraneo».
A RISCHIO NON SOLO IL MAGHREB. Tutta l'area del Maghreb viene ritenuta ad altissimo rischio dalla Farnesina che scrive: «di fronte all’innalzamento del livello di allerta terrorismo» la necessità di «osservare estrema cautela nelle grandi città a elevata presenza turistica come Fez, Rabat, Marrakech, Casablanca e Salé».
Ma anche in Thailandia non si può stare tranquilli, il ministro degli Esteri ricorda la «serie di quattro attentati (di cui due a febbraio di fronte a un centro commerciale nel cuore della capitale e al Tribunale di Bangkok e due il 10 aprile nel parcheggio di un centro commerciale sull’isola di Samui e in un grande magazzino nei pressi di Surat Thani) che hanno causato alcuni feriti.
I lupi solitari preoccupano di più
Se però essere turisti cauti può essere utile a non incorrere in pericolose situazioni durante un viaggio, è ciò che non si vede e non si legge che preoccupa di più i cittadini.
Dietro le quinte sono gli apparati di sicurezza a lavorare: trasmetteno a Palazzo Chigi un aggiornamento costante delle situazione che destano più sospetti.
Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, a preoccupare i nostri servizi di intelligence sono le alleanze tra le diverse fazioni islamiche: in Kenya ci sono gli «al Shabaab», organizzazione affiliata ad Al Qaeda sin dal 2012 che ha già rivendicato numerose azioni anche contro obiettivi frequentati dagli stranieri e secondo gli analisti può contare addirittura su 6 mila guerriglieri.
DALL'ITALIA ESPULSI 37 JIHADISTI. Dall’inizio dell’anno, riporta il quotidiano di via Solferino, su indicazione della polizia di prevenzione e dei carabinieri del Ros, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha firmato i decreti per l’espulsione di 37 stranieri ritenuti troppo vicini ai fondamentalisti.
Nessuna inchiesta penale nei loro confronti ma il pericolo che possano fare proseliti o comunque passare all'azione, vista la loro particolare attenzione ai siti web che incitano al fondamentalismo, hanno portato al loro allontanamento preventivo dall'Italia con un provvedimento di «consegna» al Paese d’origine.
RENZI: «PREVENZIONE DIFFICILE». Il pericolo emulazione è il più temuto dagli agenti di sicurezza.
Per questo, gli «alert» trasmessi venerdì 26 giugno subito dopo gli attentati, dal capo della Polizia Alessandro Pansa a questure e prefetture invitano tutti gli agenti sul territorio a svolgere «particolari controlli» in quei luoghi che potrebbero diventare bersaglio delle «cellule», e quindi posti affollati come un centro commerciale, ma anche aziende pubbliche o private che rappresentino per gli islamici un obiettivo particolare, un simbolo.
I lupi solitari sono però i più difficili da individuare. E nonostante la prevenzione, «in questa cornice mondiale», ha ricordato Renzi, «anche l'Italia deve stare attenta, rafforzare il livello di protezione e sapere che questi attentati hanno caratteristiche tali da essere difficili da prevenire».
Dietro le quinte sono gli apparati di sicurezza a lavorare: trasmetteno a Palazzo Chigi un aggiornamento costante delle situazione che destano più sospetti.
Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, a preoccupare i nostri servizi di intelligence sono le alleanze tra le diverse fazioni islamiche: in Kenya ci sono gli «al Shabaab», organizzazione affiliata ad Al Qaeda sin dal 2012 che ha già rivendicato numerose azioni anche contro obiettivi frequentati dagli stranieri e secondo gli analisti può contare addirittura su 6 mila guerriglieri.
DALL'ITALIA ESPULSI 37 JIHADISTI. Dall’inizio dell’anno, riporta il quotidiano di via Solferino, su indicazione della polizia di prevenzione e dei carabinieri del Ros, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha firmato i decreti per l’espulsione di 37 stranieri ritenuti troppo vicini ai fondamentalisti.
Nessuna inchiesta penale nei loro confronti ma il pericolo che possano fare proseliti o comunque passare all'azione, vista la loro particolare attenzione ai siti web che incitano al fondamentalismo, hanno portato al loro allontanamento preventivo dall'Italia con un provvedimento di «consegna» al Paese d’origine.
RENZI: «PREVENZIONE DIFFICILE». Il pericolo emulazione è il più temuto dagli agenti di sicurezza.
Per questo, gli «alert» trasmessi venerdì 26 giugno subito dopo gli attentati, dal capo della Polizia Alessandro Pansa a questure e prefetture invitano tutti gli agenti sul territorio a svolgere «particolari controlli» in quei luoghi che potrebbero diventare bersaglio delle «cellule», e quindi posti affollati come un centro commerciale, ma anche aziende pubbliche o private che rappresentino per gli islamici un obiettivo particolare, un simbolo.
I lupi solitari sono però i più difficili da individuare. E nonostante la prevenzione, «in questa cornice mondiale», ha ricordato Renzi, «anche l'Italia deve stare attenta, rafforzare il livello di protezione e sapere che questi attentati hanno caratteristiche tali da essere difficili da prevenire».
Londra, attentato sventato contro la parate delle forze armate
Qualche volta gli attenti si riescono ancora a prevenire. Così è successo a Londra, dove il 27 giugno l'unità anti-terrorismo di Scotland Yard ha sventato un attacco terroristico contro la parata per la ricorrenza delle forze armate a Merton, quartiere Sud-Occidentale della città.
Il piano, secondo le rivelazioni del taboid The Sun che ha svolto un ruolo attivo nello smascherare l'attentato, prevedeva l'esplosione di un ordigno rudimentale ma letale formato da una pentola a pressione (la stessa bomba usata alla maratona di Boston del 15 aprile 2013) imbottita di esplosivo, chiodi e cuscinetti a sfera, da trasformare al momento della deflagrazione in proiettili letali.
UCCIDERE CIVILI E MILITARI. L'obiettivo era uccidere il numero più alto possibile di soldati e civili: la bomba sarebbe dovuta esplodere il più possibile vicino all'esatto punto di Londra in cui venne decapitato il caporale Lee Rigby il 22 maggio del 2013 da due uomini di origine nigeriana.
I fucilieri del reggimento di Rigby sono tra le truppe che oggi parteciperanno alla parata. Il giornale di Rupert Murdoch è stato direttamente coinvolto nel caso, perché secondo quanto riportano, il capo dell'unità di hacker dell'Isis in Siria ha reclutato online, senza saperlo, uno dei suoi investigatori sotto copertura per effettuare l'attentato. L'uomo sotto copertura del Sun è stato contattato “cripticamente attraverso il servizio 'Kik messaging' ed esortato a 'fare qualcosa lì (a Londra)' con la promessa di un 'facile biglietto d'ingresso' al jannah (paradiso).
ATTACCO SVENTATO. Una volta accettato il capo hacker dell'Isis avrebbe ordinato di spostare le comunicazioni su un altro sistema di messaggi criptati, «surespot, usato da Isis». A quel punto il Sun ha ricostruito come Hussain abbia istruito progressivamente l'uomo per acquisire le sostanze necessarie per costruire la bomba per colpire a Londra, definita «il cuore dell'esercito crociato».
L'operativo dell'Isis, Junaid Hussain, scappato dal Regno Unito in Siria, «ha addestrato il nostro uomo a costruire la bomba ma noi abbiamo avvertito la polizia», ha scritto il Sun...
Il piano, secondo le rivelazioni del taboid The Sun che ha svolto un ruolo attivo nello smascherare l'attentato, prevedeva l'esplosione di un ordigno rudimentale ma letale formato da una pentola a pressione (la stessa bomba usata alla maratona di Boston del 15 aprile 2013) imbottita di esplosivo, chiodi e cuscinetti a sfera, da trasformare al momento della deflagrazione in proiettili letali.
UCCIDERE CIVILI E MILITARI. L'obiettivo era uccidere il numero più alto possibile di soldati e civili: la bomba sarebbe dovuta esplodere il più possibile vicino all'esatto punto di Londra in cui venne decapitato il caporale Lee Rigby il 22 maggio del 2013 da due uomini di origine nigeriana.
I fucilieri del reggimento di Rigby sono tra le truppe che oggi parteciperanno alla parata. Il giornale di Rupert Murdoch è stato direttamente coinvolto nel caso, perché secondo quanto riportano, il capo dell'unità di hacker dell'Isis in Siria ha reclutato online, senza saperlo, uno dei suoi investigatori sotto copertura per effettuare l'attentato. L'uomo sotto copertura del Sun è stato contattato “cripticamente attraverso il servizio 'Kik messaging' ed esortato a 'fare qualcosa lì (a Londra)' con la promessa di un 'facile biglietto d'ingresso' al jannah (paradiso).
ATTACCO SVENTATO. Una volta accettato il capo hacker dell'Isis avrebbe ordinato di spostare le comunicazioni su un altro sistema di messaggi criptati, «surespot, usato da Isis». A quel punto il Sun ha ricostruito come Hussain abbia istruito progressivamente l'uomo per acquisire le sostanze necessarie per costruire la bomba per colpire a Londra, definita «il cuore dell'esercito crociato».
L'operativo dell'Isis, Junaid Hussain, scappato dal Regno Unito in Siria, «ha addestrato il nostro uomo a costruire la bomba ma noi abbiamo avvertito la polizia», ha scritto il Sun...
(Lettera 43)
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