La vita infernale delle donne dell’Isis...




Le ultime conferme sono arrivate dagli yazidi, la comunità al nord dell’Iraq a lungo posta sotto il dominio sperato dell’Isis. La loro liberazione ha permesso di conoscerestorie terribili, che forniscono un’ulteriore testimonianza della brutalità dei guerriglieri islamisti. Le principali vittime di violenze e abusi sono le donne. Del resto è da poco trascorso il triste anniversario del rapimento di massa fatto da Boko Haram a Chibok, in Nigeria, con oltre 200 studentesse rapite.
I medici hanno potuto appurare gli stupri reiterati sulle donne yazide, ridotte in schiavitù sessuale dai combattenti comandati da Abu Bakr al Baghdadi. L’organizzazione non governativa Human Rights Watch ha parlato di «sistema di stupro organizzato» che prevede «violenza, schiavitù sessuale e il matrimonio forzato con i miliziani dell’Isis».
Ci sono alcuni casi in cui le donne yazide hanno cercato il suicido, in quanto portate alla disperazione.

La differenza tra Isis e Al Qaeda

Spesso si parla delle differenze tra Isis e Al Qaeda (qui un articolo che spiega proprio queste diversità), nonostante circoli l’ipotesi di un’alleanza tra le due organizzazioni. Il gruppo fondato da Osama Bin Laden non aveva dato importanza alla schiavizzazione femminile, sebbene fosse legati ai talebani noti per aver imposto in Afghanistan il burqa e vietando ogni libertà alle donne.
D’altra parte il Califfo vuole imporre una visione sociale basata sull’applicazione spietata della sharia. Anche per condizionare culturalmente le nuove generazioni. Pertanto il genere femminile non è solo il “bottino di guerra”, come purtroppo è avvenuto anche nei conflitti del passato. Nell’Isis c’è il cambio di passo: la brutalità non è fine a se stessa, né vuole dimostrare al nemico la proprio violenza, bensì rientra in un preciso progetto sociale. In cui la donna è vista come un oggetto.
Proprio per questo uno dei messaggi lanciati dai jihadisti recitava: «Vogliamo conquistare la vostra Roma, rompere le vostre croci e schiavizzare le vostre donne»....
(Il Journal)

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