Censura 2.0: ecco i 6 paesi che hanno bloccato i social network...




  • di Federico Ciapparoni
Nel 2015 il diritto di esprimere la propria opinione, per rimanere al passo con i tempi, ha assunto inevitabilmente sfumature tecnologiche. Oggi, per comunicare il proprio pensiero non è più necessario scendere in piazza e manifestare urlando a gran voce le proprie ragioni, ma lo si può fare direttamente da casa, seduti comodi su una poltrona, davanti al pc. Attraverso i profili social, infatti, bastano pochi caratteri e gli hashtag giusti per far arrivare la propria voce in ogni angolo di mondo. Chi, però, talvolta non è contento di questa possibilità è il governo stesso, che spesso si frappone tra il cittadino e questa nuova modalità di espressione, imponendone restrizioni e divieti.
Secondo un rapporto stilato negli ultimi mesi del 2014 da Reporters Without Borders, la censura politica sarebbe un problema che affligge paesi di tutto il mondo, compromettendo radicalmente i principi democratici e popolari anche di alcune grandi nazioni. Nella relazione redatta dall’organizzazione francese emerge che al mondo sarebbero ben 19 i Paesi che hanno dichiarato guerra a internetma solo sei avrebbero bloccato attivamente i canali social. Vediamo quali sono:
1) Turchia
Di tutti i paesi presi in esame, la Turchia è senza dubbio il più importante, visto che è membro dellaNATO e uno dei principali candidati per entrare a far parte dell’Unione Europea. Ad aggravare la situazione è il fatto che il Paese regga su un sistema politico democratico, che non dovrebbe limitare in alcun modo i diritti e le libertà dei propri cittadini. Ad alleggerire il caso, però, è il fatto che il divieto di usare social network non sia una legge applicata con costanza, ma in base alle circostanze: l’ultima limitazione è stata messa in atto dopo che un’organizzazione armata marxista ha preso in ostaggio un pubblico ministero, pubblicando le sue foto online. La vicenda, conclusasi con la morte dell’esponente, ha fatto scalpore nel Paese, obbligando il governo a imporre la chiusura dei siti, visto che il canale social non aveva censurato le immagini. Secondo i vertici politici, consentire la pubblicazione delle foto sarebbe stato come rendersi complici di un attacco così grave e oltraggioso. La censura aveva avuto inizio già nel marzo scorso, però, quando, a seguito dello scandalo sulla presunta corruzione di alcuni esponenti del governo, il Paese aveva già vietato ai suoi cittadini l’utilizzo di Twitter e la città di Ankara, dopo la diffusione di un video in cui il fondatore della Turchia veniva insultato, aveva bloccato Youtube per 30 mesi.
2) Iran
Nel paese orientale la censura è stata messa in atto perché, secondo il governo, l’utilizzo di internet ledeva la morale islamica. Così, in pochi mesi, quasi 20 milioni di utenti iraniani si sono visti bloccare i canali social più utilizzati (Viber, Whatsapp, Facebook). Secondo il governo, i più giovani sarebbero riusciti, tramite l’installazione di appositi software, a continuare ad utilizzare ugualmente la rete e questo starebbe producendo gravi disagi socio-culturali nel Paese, come il divorzio, l’abuso di sostanze stupefacenti e corruzione. La vicenda ha creato una frattura anche all’interno della politica locale, con il fronte moderato-riformista, guidato dal presidente Hassan Rohani, e quello conservatore, vicino ai Pasdaran e al clero sciita, pronti a darsi battaglia. Mentre i primi sostengono che i canali social vadano riaperti sotto un controllo governativo, i secondi chiedono l’applicazione di una forte censura per questi siti, definiti come “strumento deviante dell’Occidente che mira a colpire la morale islamica”.
3) Pakistan
In Pakistan, invece, il colosso dei social network Facebook, sotto indicazione del Pakistan’s National Response Center for Cyber Crimes, continua a censurare, dal 2013, migliaia di post pubblicati sul sito. Accusati di essere impregnati di contenuti blasfemi e critici nei confronti dello stato, i contenuti sono stati cancellati. Nel Paese, negli ultimi anni, però, la censura sembra andare scemando: si è passato, infatti, dai 1773 post bloccati nel 2014 ai 54 rimossi in questi primi mesi del 2015. Facebook, dal canto suo, ha fatto sapere che non tutte le obiezioni del governo hanno come risultato effettivo la rimozione del contenuto. Infatti, nel 2013, il social network, a fronte delle 163 richieste, ha agito con la cancellazione per il 47,62% delle volte. Nella prima metà del 2014, sulle 116 richieste, Facebook ha rispettato il 35,34% di opposizioni.
4) Cina
Nel paese asiatico, secondo uno studio pubblicato su Science da ricercatori dell’Università di Harvard, circa il 40% dei post vengono censurati per evitare la diffusione di adesioni a manifestazioni di protesta che vengono organizzate sui canali social. I dati raccolti mostrano come il governo sia molto più inflessibile contro commenti che si riferiscono all’organizzazione di azioni collettive, raduni o proteste di massa, piuttosto che contro post che criticano il governo e i suoi leader.
5) Vietnam
In Vietnam la censura di internet impedisce agli utenti l’accesso ai siti web che criticano l’operato del governo, a quelli di partiti politici stranieri e a quelli delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. La polizia online monitora costantemente gli Internet Cafè e i cyber-dissidenti vengono spesso incarcerati. Questo sistema del governo per regolare, monitorare e supervisionare l’utilizzo della rete è stato definito “Bamboo Firewall”. Il governo, sostenendo di proteggere i cittadini da contenuti ritenuti osceni o di natura sessuale, filtra i siti che contengono materiale politico o religioso ritenuto pericoloso e che potrebbero minare la presa del partito comunista al potere.
6) Corea del Nord
La Corea del Nord, nonostante i divieti, è l’unico paese che è stato totalmente tagliato fuori dal mondo dei social network. Negli altri paesi, nonostante le restrizioni, gli utenti, utilizzando le VPN per reindirizzare il proprio traffico, possono comunque talvolta accedere ad alcuni siti bloccati. In Corea del Nord no. Il paese, infatti, ha creato una propria linea internet sicura, che non si collega con il web di tutto il mondo...
(International Business Times)


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