IL TRAFFICO DI ARMI CINESI IN AFRICA...



Uno studio rivela la crescita delle esportazioni di armi cinesi in Africa

Le  armi leggere sono armi di distruzione di massa perché le morti che causano fanno impallidire tutti gli altri sistemi bellici.
Le vittime causate dalle armi leggere sono molto superiori al tributo di sangue versato dalle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki."
Queste parole, che appartengono all'ex segretario delle Nazioni Unite ghanese Kofi Annan, descrivono la minaccia che gli armamenti leggeri costituiscono oggi nel mondo.
Una minaccia di cui l'Africa da diversi anni è testimone vivente. Ma da dove arrivano le armi nel continente africano?
Secondo uno studio dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), fino al 2005 il primo fornitore di armi è stata la Russia, che è arrivata a coprire fino al 51 per cento del totale di armi africane importate nel quinquennio 2001-2005. 
La Cina ha sostituito la Russia nel periodo 2006-2010: responsabile del 25 per cento delle importazioni di armi africane, la Cina si è situata al primo posto davanti a Ucraina (20 per cento), Russia (11 per cento) e Italia (6 per cento).
Nel periodo osservato, la Cina ha venduto armi a 16 Paesi africani, inclusi Sierra Leone, Ruanda e Congo, Paesi sotto embargo Onu per la vendita di armi. Primo destinatario delle armi cinesi in Africa è stata la Nigeria, a cui è andato il 35 per cento del volume totale.
L’aumento di esportazioni di armi cinesi in Africa riflette un incremento delle esportazioni globali, cresciute del 212 per cento tra il 2004 e il 2008 e tra il 2009 e il 2013, che hanno fatto della Cina il quinto maggiore esportatore di armi nel mondo.
Le vendite di armi cinesi hanno subìto un aumento, oltre che in termini di volumi, anche in termini di profitto economico: secondo la rivista IHS Jane’s, gli introiti sono più che raddoppiati negli ultimi 5 anni, arrivando a 2,2 miliardi di dollari, e hanno reso la Cina l’ottavo esportatore mondiale per profitti realizzati.
Con un aumento della produzione domestica del 95 per cento dal 2002 al 2006 e dal 2007 al 2011, la Cina si è recentemente trasformata dall’essere il più grande importatore di armi ad essere uno dei maggiori produttori.
Questi i dati ufficiali, ma l'opacità del sistema di produzione e distribuzione delle armi cinesi ha spinto ilSipri a non includere le compagnie cinesi nell’elenco delle maggiori aziende produttrici di armi al mondo pubblicato nel dicembre 2014.
Secondo le stime, tuttavia, le 10 maggiori compagnie statali avrebbero un fatturato pari a 268 miliardi di dollari nel solo 2012.
Nel 2012, la China North Industries Group Corporation ha dichiarato entrate da 59 miliardi di dollari (con un aumento del 53 per cento sul 2010) e profitti pari a 1,6 miliardi di dollari nel 2012 (in aumento del 45 per cento dal 2010).
Un’inchiesta del Washington Post ha rivelato che Pechino ha spesso bloccato la pubblicazione di inchieste Onu scomode sul traffico di armi in Africa (le più eclatanti in Sudan, Congo, Costa d’Avorio e Somalia), ha cercato di ridurre i fondi dedicati alle inchieste e ha costantemente rifiutato il permesso agli investigatori Onu di tracciare l’origine delle armi cinesi trovate in zone di guerra.
Nel maggio 2011 l’Onu ritrovò in Darfur numerose cartucce esplosive ad alto potenziale prodotte in Cina nel 2010. Interrogata da Holger Anders, esperto Onu autore dell’inchiesta e scopritore delle cartucce incriminate, Pechino rifiutò di tracciare la provenienza delle armi.
Pochi mesi dopo, la Cina pose un veto sulla conferma del contratto di lavoro di Holgar Anders, espellendolo di fatto dal panel di esperti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Per limitare l'incidenza sulla stabilità e pace dell'Africa del traffico incontrollato di armi, l'Unione Europea ha istituito nel 2012 l’African-EU-Chinese Expert Working Group on Conventional Arms e il Joint African-EU-Chinese Research Centre on Conventional Arms.
I due gruppi di lavoro sono impegnati a ricercare una sintesi tra posizioni divergenti di Cina e Europa per contribuire alla pacificazione del continente...
(The Post Internazionale)

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