Stato Islamico: chi insulta Allah, Maometto o l'Islam è condannato a morte...





Di Luca Lampugnani

Che il gruppo del "fu ISIS" stia cercando di guadagnarsi un suo spazio regionale sempre più definito - nei confini e nella giurisdizione tra di essi - non è certo una novità, a partire proprio dal nome che ha assunto in seguito alla caduta di Mosul, Iraq, lo scorso giugno.

Quello Stato Islamico (abbreviato in IS, dall'inglese Islamic State), tanto criticato da numerose figure e religiosi di alto livello dell'Islam, pretende infatti di cancellare dalla memoria globale la dimensione ridotta dell'ennesima organizzazione jihadista nell'universo mediorientale, autocelebrando la nascita di una nuova ed effimera nazione dotata di un capo, di un esercito e di una sua propia economia. Soprattutto per quanto riguarda quest'ultima voce, se è vero da un lato che la quantità dei guadagni del sedicente califfato sono ancora oggi materia di dibattito, un passo solo ed esclusivamente simbolico in avanti (ma sintomo di debolezza) è stato fatto con la coniazione delle monete dello Stato Islamico, come già scritto da IBTimes Italia.
Nel frattempo, segnalato e tradotto in inglese dal MEMRI, Middle East Media Research Instituteil 15 dicembre lo Stato Islamico ha diffuso sul web un comunicato dove vengono definiti i paletti di quello che sembra essere a tutti gli effetti un vero e proprio codice penale. Il documento (qui un link all'originale in arabo), intitolato "Chiarimenti riguardo Hudud (una delle categorie che si rifà alle punizioni coraniche, ndr.)", altro non è che una lista dove, tanto brevemente quanto brutalmente, sono specificati alcuni crimini e le punizioni a loro connesse in base alla sharia. Accompagnato da alcuni versetti del Corano dove viene sottolineata la necessità e l'obbligatorietà per tutti i musulmani di aderire proprio a quest'ultima, pena l'infamia di essere considerati miscredenti, il "codice penale" dello Stato Islamico - ricorda lo stesso gruppo in apertura - è stato pubblicato come promemoria per tutti coloro che vivono sotto il controllo del califfato, annunciando inoltre il massimo impegno da parte dei jihadisti affinché questo venga implementato, seguito e rispettato.
Nell'immagine che segue, una tabella riassuntiva del "codice penale" in Italiano, tradotta dal documento in inglese del MEMRI:
Una tabella riassuntiva del
Una tabella riassuntiva del "codice penale" dello Stato Islamico. Fonte: MEMRI, traduzione IBTimes Italia
Entrando nello specfico di tale documento è subito chiaro come la pena capitale, seppur per diverse vie, sia la più diffusa nel codice dello Stato Islamico. Nessuna novità o sorpresa, ovviamente: l'uccisione è diretta conseguenza della bestemmia ad Allah, della blasfemia contro il Profeta Maometto o contro l'Islam; dello spionaggio in favore dei miscredenti, della sodomia e più generalmente dell'omosessualità, dell'apostasia, dell'adulterio, dell'omicidio e dell'omicidio aggravato dal furto. Nella loro filosofia brutale, particolarmente interessanti in questo elenco sono i casi dell'adulterio - a morte vengono condannati solo gli adulteri già sposati, per coloro che ancora non sono convogliati a nozze durante la commissione del reato sono previste invece 100 frustate e l'esilio - e dell'omicidio aggravato dal furto, punito con la crocifissione del condannato.
Ancora, il "codice penale" dello Stato Islamico prevede una sorta di legge del taglione per chi commette un furto e per chi specificatamente viene scoperto a rubare denaro, mentre la calunnia e il consumo di alcool sono reati puniti con 80 frustate.

(International Business Times)

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