Perché il gruppo fondamentalista islamico Boko Haram ha attaccato una moschea?...





Di Luca Lampugnani

Sono almeno 81 le persone rimaste uccise in seguito ad un attentato venerdì alla moschea centrale di Kano, grande città nel Nord della Nigeria e fondamentale hub commerciale del Paese. Stando alle testimonianze raccolte dalle varie agenzie internazionali, due kamikaze e un terzo ordigno sono esplosi pressoché all'unisono tutt'intorno al luogo di culto, mentre un gruppo di uomini armati sparava ad alzo zero sulla folla in fuga. Benché non vi siano state per il momento rivendicazioni, le autorità nigeriane ritengono l'attacco attribuibile a Boko Haram - presenta infatti caratteristiche simili ad altre azioni condotte dai jihadisti guidati da Abubakar Shekau -, gruppo fondamentalista che proprio nella parte settentrionale della Nigeria ha il suo territorio più fertile.
Come riporta l'americana CNN, l'attentato alla moschea è probabilmente l'apice di un anno particolarmente caldo per quanto riguarda l'attività di Boko Haram nel Paese, attività che ha fatto registrare nel solo 2014 oltre 2000 vittime. Tuttavia, come hanno fatto numerosi osservatori, è lecito chiedersi perché una formazione islamica, per quanto fondamentalista e barbara, abbia attaccato così duramente uno dei simboli di fondamentale importanza per la stessa religione che, in maniera distorta, snaturata e coercitiva, tenta di divulgare.
Superata la semplificazione - per quanto reale - della follia, una possibile risposta a tale interrogativo giace nella natura stessa del gruppo e nella sua strategia volta all'istituzione di un Califfato (calcando il modello dello Stato Islamico) da governare con le interpretazioni più dure ed estreme del Corano. Partendo infatti dalla traduzione moderna di Boko Haram, ossia "l'educazione occidentale è proibita", come spiega la britannica BBC le linee guida che segue il gruppo condannano fortemente - e al massimo della pena - tutti i musulmani che prendono parte a qualsiasi tipo di attività politica o sociale che viene associata al mondo occidentale, siano queste la partecipazione al processo elettorale, l'indossare magliette e jeans o la somministrazione di un'istruzione laicista. Tutto questo è poi ulteriormente condensabile in una frase contenuta nel libro sacro dell'Islam e adottata - con la già accennata distorsione - a mantra da Abubakar Shekau e dai suoi miliziani: "chi non è governato da quello che Allah ha rivelato è tra i trasgressori".
Ancora, l'attacco alla moschea centrale di Kano dimostra l'avversione di Boko Haram nei confronti dell'"establishment musulmano" della Nigeria. Quest'ultimo - in cui rientrano numerose autorità - viene accusato senza mezzi termini dal gruppo di non difendere gli interessi degli 80 milioni di musulmani di tutto il Paese e persino di corrompere e traviare l'Islam stesso.
In tal senso è piuttosto interessante notare come a capo del luogo di culto colpito a Kano sia l'emiro Sanusi Lamido Sanusi, ex governatore della Banca Centrale nigeriana e considerato come la seconda figura più influente nell'universo musulmano della Nigeria. Proprio quest'ultimo, che spesso presenzia alla preghiera del venerdì nella moschea centrale della città, durante una predica effettuata due settimane fa ha fortemente sollecitato i nigeriani a difendersi dal gruppo, ricordando molti degli attacchi e dei rapimenti da questo effettuati. Prima dell'avvento di Sanusi, il suo predecessore nella moschea di Kano, Emir Al Haji Ado Bayero, è stato ucciso nel 2013 all'età di 83 anni nel corso di un attentato mirato in cui morirono anche l'autista e le guardie del corpo.
Ovviamente, né l'attacco alla moschea di Kano né tanto meno l'uccisione di Ado Bayero possono dirsi delle prime assolute. Nel corso degli anni, infatti, Boko Haram ha colpito in più occasioni personalità politiche e religiose legate all'Islam, in particolar modo nel Nord del Paese. Inoltre, nel 2013, almeno 40 persone sono rimaste uccise durante un attentato in una moschea nel Borno, Stato Nord-orientale nigeriano. Ancora, scrive la CNN, sono particolarmente presi di mira coloro che chiedono, supportato e sponsorizzano l'organizzazione di forze di autodifesa.

(International Business Times)

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