Ebola, Sierra Leone. 77 euro al mese per seppellire i cadaveri. Ai giovani il compito più ingrato e pericoloso del mondo...





77 euro al mese. È questo lo stipendio mensile di chi, in Sierra Leone, accetta di svolgere un lavoro ingrato e pericoloso almeno quanto necessario. Ed eroico. Mentre l'epidemia di ebola più terribile della storia non accenna a fermarsi - finora i morti sono più di 1.900 - l'emergenza umanitaria è sempre più grave. E sfaccettata, come mostra il reportage del Guardian da Khailahun, il remoto distretto in mezzo alla foresta che è il centro dell'epidemia in Sierra Leone.
Qui intere comunità sono state messe in quarantena e, malgrado gli sforzi delle organizzazioni internazionali, personale medico e attrezzature non bastano mai. Come non bastano mai le braccia necessarie a scavare e seppellire le vittime di ebola. A Khailahun ha chiuso anche l'unica banca della regione, non c'è lavoro e oltre che di ebola si rischia di morire di fame. Così, un po' per missione, un po' per necessità, molti giovani si offrono di entrare nel team dei seppellitori. Per uno stipendio che non supera i cento dollari (77 euro) al mese.
La Croce Rossa e Medici Senza Frontiere fanno il possibile per istruire le squadre di seppellitori sulle misure igieniche e di sicurezza necessarie. Ma la stretta vicinanza con i cadaveri espone lo stesso queste persone a dei rischi enormi, senza contare lo stigma sociale che accompagna questo lavoro nelle comunità, dove la mancanza di informazioni rende ancora più difficile il contenimento dell'epidemia.
Il Guardian racconta la storia di alcuni di questi volontari. A cominciare da Jusson, 22 anni, figlio di farmacisti. Il suo sogno è sempre stato di fare il medico. Ed era quasi riuscito a farsi ammettere all'università, quando ebola ha sconvolto i suoi piani. Ora è uno dei "burial boys", i ragazzi dei funerali, accolti con insulti e lanci di pietre nei villaggi in cui sono costretti a operare.
Jusson ha iniziato a seppellire cadaveri tre mesi fa. La notte dopo aver sepolto il primo corpo, ha fatto un incubo: il cadavere era seduto sul bordo del suo letto, con il sangue che gli colava dalle narici. Lui cercava di scappare, ma il morto lo inseguiva e lo afferrava. La realtà non è molto più tenera. "A volte, quando sono a casa da solo, mi prende la paura. Non è facile maneggiare cadaveri in quello stato...".
Poi c'è la dimensione sociale, praticamente insostenibile. In molti casi, infatti, la popolazione locale non sa che il contagio avviene solo per contatto diretto con i fluidi corporei e si rifiuta anche solo di farsi avvicinare da chi - per scelta o necessità - è impegnato nella gestione dell'epidemia. Senza contare le credenze che circolano in alcune comunità, per cui l'epidemia sarebbe tutta una montatura del governo o delle potenze occidentali per decimare la popolazione Kissi o addirittura per raccogliere parti del corpo.
"Quando cammino per strada - racconta al Guardian - la gente mi dice di stare lontano. Ogni volta provo a spiegare perché lo faccio. Dico loro che se nessuno si offre di fare questo lavoro, non ci sarà più nessuno da seppellire perché saremo tutti infettati e condannati a morte". A Khailahun il seppellitore più giovane ha solo 17 anni. "Voglio cacciare ebola a calci fuori da questo paese. La nostra popolazione è già molto piccola e ebola vuole ridurla ancora di più? Non esiste!".
(L'Huffington Post)

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