Ebola: il mercato nero del sangue sano...





In Africa dell’ovest, non si arresta la diffusione del virus di Ebola, che da marzo, in Guinea, Sierra Leone, Senegal e Nigeria, ha già infettato 5.300 persone e provocato 2.600 morti.
Una catastrofe che ha scatenato l’apertura di un mercato nero senza precedenti, non di frutta e verdura, bensì di sangue. Sì, perché il sangue di coloro che hanno resistito al contagio del virus ha permesso già la guarigione di numerose vittime. Questo è infatti “ricco di anticorpi contro il virus mortale e, poiché fino a questo momento non esiste alcun farmaco approvato per combatterlo, alcuni sono talmente disperati da rivolgersi al mercato nero”, riporta il Washington Post. Sono sempr
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, tenuto conto anche dei rischi a cui si espongono le vittime con queste pratiche ‘illegali’, ha lanciato un’ allarme per l’enormità di questo commercio. Le trasfusioni sanguigne rischiano di favorire la trasmissione di altre infezioni e l’aggravarsi delle condizioni di salute dei malati. Tuttavia l’organizzazione non rigetta l’utilizzo del sangue dei sopravvissuti, e dichiara di stare facendo il possibile per organizzare un sistema di iniezioni di questo sangue ‘sano’, in piena sicurezza.
Nessun farmaco è stato approvato o è immediatamente disponibile, ricorda il Post, che nota che la comparsa di questo “business” era prevedibile di fronte all’assenza di cure operative, veloce ed efficaci e di un piano di azione.
Piano di azione che dovrebbe giungere proprio dall’Oms, che pure sta attraversando una profonda crisi, anche economica. Dopo aver svolto un ruolo di primo piano nel controllo di epidemia di ebola in Zaire nel 1976 e della Sars in Asia orientale nel 2003, l’Oms ha subito pesanti tagli nei settori più importanti, come la lotta alle epidemia. Al momento manca un piano d’azione e un progetto che miri a qualcosa di concreto. È significativo infatti che la malattia abbia potuto diffondersi per tre mesi, prima di essere individuata e che ad accorgersene sia stata una Ong- realtà che non hanno mai conosciuto un periodo di benessere economico- Medici senza Frontiere.
E mentre la Sierra Leone, da venerdì 19 ha iniziato la tre giorni di ‘porte chiuse’, per permettere ai volontari di andare casa per casa e informare i cittadini di Freetown sul comportamento da assumere, per non essere contagiati dal virus, Obama intensifica la presenza militare nelle regioni più colpite, in particolare, in Liberia, dove- ha dichiarato il presidente- gli Stati Uniti aiuteranno nella costruzione di 17 centri di cura con 1.700 letti. Dall’America giungeranno anche altri 3.000 volontari, tra medici e militari, che aiuteranno a contenere l’emergenza.
(Il Journal)

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