Iraq: vita e drammi della comunità cristiana dopo la comparsa dell'ISIS...
Di Stefano Consiglio
Il governo iracheno sembra essere impotente dinanzi all'inarrestabile avanzata dell'ISIS. Questo gruppo jihadista, rinnegato dai leader di al-Qaida, ha combattuto per tre anni contro quella parte dell'esercito siriano fedele ad Assad. Nel giugno del 2014, approfittando dell'incapacità di al-Maliki di mantenere l'ordine pubblico, ISIS ha sferrato un violento attacco contro le regioni settentrionali del paese istituendo, successivamente, un califfato islamico alla cui guida è stato nominato al-Baghdadi.
La creazione di uno Stato Islamico nelle regioni settentrionali dell'Iraq non ha placato la sete di conquista delle milizie jihadiste. Il 7 agosto le città cristiane di Qaraqosh, Tall Kayf, Bartella e Karamlesh sono capitolate, costringendo i loro apitanti ad una rapida fuga. La maggior parte dei cristiani risiedeva nelle regioni settentrionali dell'Iraq, proprio quelle interessate dagli attacchi delle milizie islamiche. Immediata è stata la reazione di Joseph Thomas, arcivescovo caldeo di Kirkuk e Sulaymaniyah, il quale ha dichiarato: "È una catastrofe, una situazione tragica. Chiediamo al Consiglio di sicurezza dell'Onu di intervenire immediatamente. Decine di migliaia di persone terrorizzate sono cacciate da casa loro mentre noi parliamo, non si può descrivere quello che succede".
La continua avanzata delle milizie dell'ISIS solleva un interrogativo sulle attuali condizioni di vita dei cristiani residenti in Iraq. Occorre anzitutto sottolineare che la comunità cristiana esistente in Iraq è una delle più antiche del mondo. Prima dell'inizio della Seconda guerra del golfo, dichiarata dagli Stati Uniti il 20 marzo 2003, oltre 1 milione e mezzo di cristiani risedeva in Iraq, rappresentando circa il 5% della popolazione complessiva. Questi numeri sono diminuiti sensibilmente dopo l'invasione dell'Iraq da parte degli Usa. Il ritiro delle truppe americane sembrava aver creato le condizioni per una rinascita della comunità cristiana, finché nel giugno scorso le milizie dell'ISIS hanno deciso di conquistare l'Iraq settentrionale. Secondo fonti locali oggi in Iraq risiedono circa 500 mila cristiani, una cifra destinata a diminuire a causa degli attacchi sferrati dagli jihadisti. La maggior parte dei cristiani che risiedevano nelle città di Qaraqosh, Tall Kayf, Bartella e Karamlesh, si stanno dirigendo ora verso la regione autonoma del Kurdistan. Sono proprio i guerriglieri curdi, i così detti Peshmerga, a battersi maggiormente per la riconquista delle regioni settentrionali dell'Iraq.
Nonostante gli sforzi dei guerriglieri curdi, il cui comandante aveva preannunciato la capitolazione di Qaraqosh, niente ha potuto impedire alle milizie dell'ISIS di conquistare le città cristiane. I simboli religiosi, presenti nelle abitazioni o negli edifici pubblici sono stati bruciati, unitamente a circa 1.500 manoscritti. La scena di oggi è una ripetizione di ciò che accadde a seguito della presa di Mosul da parte dei jihadisti. In quell'occasione ai cristiani catturati vennero offerte tre possibilità: convertirsi all'islam, pagare un'ingente somma di denaro o essere giustiziati.
In questi ultimi mesi numerose proteste anti-ISIS si sono svolte in Inghilterra, Canada, Francia, Germania, Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Australia e in molti altri paesi. Anche il Papa, durante l'Angelus del 20 luglio scorso, si è unito agli appelli dei vescovi per chiedere alla comunità internazionale di: "porre fine al dramma umanitario in atto, adoperarsi per proteggere i minacciati dalla violenza e assicurare aiuti agli sfollati". Nonostante questo coro di proteste, che ha visto anche diversi esponenti delle Nazioni Unite manifestare il proprio disappunto, nessuna azione concreta è stata finora intrapresa dall'Onu. Oggi, tuttavia, la Francia ha richiesto la convocazione di una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza. Il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, si è detto "preoccupato per la recente avanzata dell'ISIS nel nord del paese e per la conquista della città di Qaraqosh". Il ministro francese ha sostenuto che una riunione del Consiglio è necessaria "vista la gravità di questa situazione, in cui la popolazione civile e le minoranze religiose sono le prime vittime". Nel frattempo il Governo dell'Iraq si è dimostrato totalmente incapace di mantenere la sicurezza nel paese. Per tentare di reagire a questa situazione l'esecutivo iracheno sta nominando un nuovo Primo ministro, che sostituirà l'attuale Premier al-Maliki. La flotta aerea irachena è stata inviata nelle regioni settentrionali per supportare i guerriglieri curdi, ma si tratta comunque di una lotta impari in cui le milizie dell'ISIS riescono sempre ad avere la meglio. In questo contesto l'intervento della comunità internazionale, attraverso una risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza, sembra essere l'unica soluzione se si vuole evitare che la minaccia dell'ISIS di conquistare interamente l'Iraq si trasformi in realtà.
(International Business Times)
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