Siria, elezioni: vince Assad, il futuro è già passato...





di Samy Sayed Mohamed
I risultati elettorali hanno decretato vincitore Bashar Assad, con l’88,7% dei voti. È lui, dal 2000, a governare la Siria, in rivolta dal marzo 2011. Occidente, turchi e arabi avevano previsto che il regime alawita sarebbe stato spazzato via in pochi mesi. Errori di calcolo che sono costati la vita a più di 160 mila siriani, scesi in campo per combattere un regime assurdo, che adesso ripropone la candidatura del leader come una novità: le elezioni di questi giorni vedono per la prima volta, dopo oltre 40 anni, la presenza di più di un candidato. A far da comparse nella commedia Maher Hajjar (3,2%), deputato dell’ex Partito comunista, e Hassan Nouri (4,3%), ex Ministro dello Sviluppo.
L’opposizione siriana e i suoi alleati occidentali denunciano il voto come una messinscena volta a dare a Bashar Assad, che si candida per un terzo mandato di sette anni, una parvenza di legittimità elettorale. L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’UE, Catherine Ashton, ha dichiarato che le elezioni presidenziali si sarebbero dovute tenere “solo nel quadro di quanto previsto dall’accordo di Ginevra del 2012”, in quanto elezioni “condotte in pieno conflitto, solo nelle aree controllate dal regime e con milioni di siriani sfollati, ignorerebbero i principi di base della democrazia, sarebbero prive di credibilità e minerebbero tutti gli sforzi per raggiungere una soluzione politica”.
In effetti le operazioni di voto si sono svolte soltanto nelle zone sotto il controllo del governo, in un clima di tensione tangibile. A Damasco sono stati allestiti numerosi posti di blocco e i soldati controllavano le carte d’identità dei passanti. Nella città di Homs, sotto il dominio del regime dallo scorso maggio, le autovetture venivano controllate minuziosamente. Ad Aleppo, divisa tra sostenitori del regime e dai ribelli, c’è stata una grande affluenza alle urne. Assad controlla il 40% del territorio. Gli esclusi da queste “storiche” elezioni sono i 3 milioni di profughi che hanno cercato rifugio nei Paesi vicini. 6 milioni, invece, gli sfollati interni.
Bashar si è recato a votare, come riferisce la TV di Stato, in un seggio nel quartiere residenziale di Maliki, nel centro di Damasco, accompagnato dalla moglie di origine inglese, Asma. La coppia, sorridente, si è fatta immortalare al momento di depositare la scheda nell’urna. Nel Paese intanto i due principali gruppi d’opposizione hanno boicottato i seggi, mentre molti attivisti hanno parlato di “elezioni nel sangue”.
Tra gli osservatori esterni, hanno presenziato russi e iraniani, in quanto i loro Paesi hanno riconosciuto come legittime queste elezioni. Il risultato non è mai stato in dubbio. Il premier Wael al Halaqi ha parlato di “giornata storica” e ha pronosticato “una partecipazione massiccia” al voto. Tra i 200.000 elettori registrati all’estero nei giorni scorsi, il 95% ha votato presso le ambasciate. Migliaia di voti anche in Giordania e Libano. A Beirut ci sono state manifestazioni in favore di Assad per le strade.
L’appoggio nei confronti di Bashar è dovuto alle violenze di jihadisti e qaedisti di Jabat al Nusra, schierati con i ribelli. Una grossa fetta della popolazione è spaventata dall’integralismo che si è fatto strada all’interno delle fila dei ribelli e si affida a Bashar Assad, malgrado in passato si sia dimostrato incapace di modernizzare l’autocrazia del padre Hafez. Mentre gli scontri e i bombardamenti proseguono nelle principali città del Paese, gli insorti, l’opposizione e gli alleati assistono increduli alla conservazione del potere di Assad. NATO e ONU negli ultimi tre anni hanno visto fallire i propri tentativi di mediare un cessate il fuoco.
La tattica dell’UE sembra invece attendista, nel timore che un qualsiasi tipo di intervento possa compromettere gli equilibri strategici nella regione. La speranza, probabilmente, è che la guerra civile si risolva sul terreno a favore di una delle due parti, in grado di imporsi sull’altra. Il popolo siriano intanto lotta e spera da tre anni, avrà la forza per continuare a farlo?
(europae)

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