La Turchia alza un muro al confine con la Siria...





di Mauro Pompili

Ankara blinda la frontiera Sud Est con Damasco. Per arginare il contrabbando. L'immigrazione clandestina. E l’ingresso dei combattenti di Al Qaeda. Ma i curdi insorgono. I Paesi "divisi" nel mondo.

Nel mondo globalizzato e senza confini le frontiere continuano a riempirsi di muri di divisione.
Anche la Turchia ha iniziato a costruire il suo muro.
Le prime lastre di cemento sono state innalzate lungo un tratto della frontiera Sud Est con la Siria.
L’obiettivo ufficiale è arginare il contrabbando, l'immigrazione clandestina e l’ingresso nel Paese dei combattenti di Al Qaeda presenti tra le file dei ribelli in Siria.
CONTRABBANDO FIORENTE. Il primo chilometro del muro è sorto sulle colline della provincia di Hatay. Una striscia di terra costellata di villaggi che prosperano grazie ai traffici illeciti transfrontalieri di merci di ogni tipo, soprattutto combustibile, generi alimentari e sigarette.
Durante i tre anni della guerra civile siriana la Turchia ha scelto di tenere le frontiere aperte. In questo modo ha garantito all’opposizione armata canali di rifornimento costanti e asilo. Una chiara presa di posizione contro il governo di Damasco, ma che ha permesso al contrabbando di prosperare. I 900 chilometri di confine tra i due Paesi sono anche la via di transito preferita dai jihadisti stranieri per raggiungere la Siria.
75 CITTADINI TURCHI UCCISI. Una posizione che ha mostrato i suoi effetti drammatici un anno fa, quando due autobombe esplose nella città turca di Reyhanli uccisero decine di persone. Da allora si registrano continue violenze diffuse lungo tutto il confine. L’International Crisis Group stima che più di 75 cittadini turchi sono stati uccisi in scontri riconducibili al conflitto in Siria. Secondo il gruppo di ricerca «ci sono gravi violenze legate alla guerra civile siriana. In particolare nell’area di frontiera con la Siria settentrionale, ormai terra di nessuno».
Questi effetti della politica di sostegno ai ribelli hanno, probabilmente, influito sulla sconfitta del partito di Erdogan alle recenti amministrative nella provincia di Hatay.

Un funzionario del governo ammette: «Non siamo sicuri dell'efficacia»

In questa situazione la costruzione del muro appare più che altro un atto simbolico. Partito dal villaggio di Kusakli non è ancora chiaro dove arriverà. Un funzionario governativo ha parlato di almeno 80 chilometri, ma poi ha aggiunto «Il confine totale è di 900 chilometri, quindi non siamo sicuri dell’efficacia del muro».
Anche la gente del posto è scettica sull’efficacia della barriera, che non bloccherà i contrabbandieri e i terroristi. «I grandi trafficanti non possono essere fermati, hanno canali speciali e protetti anche dalla polizia corrotta», ha detto un uomo di Bukulmez, villaggio sul confine. Suo figlio apparteneva a una banda di contrabbandieri, ma è stato catturato e da 20 mesi è in carcere in attesa del processo. «Si traffica ogni cosa, anche armi e droga. Dopo la stretta della polizia, quando è stato arrestato mio figlio, si sono semplicemente spostato più avanti lungo il confine».
IL TRAFFICO DI ARMI E ZUCCHERO. Attraverso il confine passa davvero di tutto, dagli armamenti ai generi di prima necessità. Generi alimentari come lo zucchero, prodotto e acquistato in Siria a 50 centesimi di dollaro è rivenduto in Turchia a più del doppio. È la benzina, molto tassata dal governo turco, il bene più richiesto. Dalle aree petrolifere siriane in mano ai ribelli arriva il greggio che viene grossolanamente raffinato in impianti di fortuna oltre il confine.
Il muro turco non si limita a segnare una divisione tra due Paesi, in alcuni tratti divide un popolo, quello curdo che continua a pagare il suo prezzo alla storia.
LA PROTESTA DEI CURDI. La barriera in costruzione a Sud Est della Turchia divide due villaggi curdi da sempre uniti per storia, lingua, cultura e vincoli di parentela. Nusaybinda una parte e dall’altra Qamishli, centro abitato del Kurdistan siriano. Qui la motivazione ufficiale non ha convinto né gli abitanti né gli amministratori locali. Ayşe Gökkan, sindaco di Nusaybin, ha subito iniziato a protestare contro quello che è stato ribattezzato il muro della vergogna.
Alla sua voce si sono unite quelle di centinaia di persone che sono scese in strada per manifestare. Adesso al posto di un muro che doveva essere alto sette metri e lungo sette chilometri ci sono due barriere di filo spinato. Tra le due, però, c’è da più di sessant’anni un campo minato, che Ankara si era impegnata a togliere entro la fine del 2014.
Sabato, 07 Giugno 2014
(Lettera 43)

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