Iraq, l'avanzata Isis in Africa e Medio Oriente...





di Barbara Ciolli

Non solo Baghdad. I jihadisti oltre alla Siria minacciano anche Iran e Turchia. In allerta Libano e Giordania. Mentre al Qaeda si espande anche nel Maghreb e nel Sahel.

Almeno metà Siria trasformata in un Califfato jihadista, con l'Iraq spaccato in tre Stati.
In un lampo il bubbone dell'Isis (Stato islamico dell'Iraq e del Levante/Siria) ha ridisegnato la cartina del Medio Oriente. Tant'è che gli Usa, protettori di Nuri al Maliki fino alle elezioni del 30 aprile, sono alla ricerca di un nuovo primo ministro iracheno che, anziché spaccare, riconcili gli animi di sunniti, sciiti e curdi.
Non si tratta solo di ricomporre l'ex fortino di Saddam Hussein. Lo scenario concretizzatosi in Iraq e in Siria è l'incubo degli Stati limitrofi, pronti, come l'Iran, a spedire uomini sul campo, per spegnere l'incendio prima che sia troppo tardi.
DALL'ASIA ALL'AFRICA. Oltre alla vecchia Persia, rischiano il Libano, la Giordania e persino la Turchia. Tutti Stati adiacenti alla guerra civile siriana e bersaglio di attentati, anche prima della presa dell'Isis di Mosul.
Ma c'è una ragione più importante del petrolio per la quale potenze occidentali come Stati Uniti, Australia e Canada mantengono aperte le ambasciate a Baghdad, inviando corpi d'élite per contenere in un qualche modo il focolaio.
DAI BOKO HARAM ALL'ISIS. Con le rivolte arabe, dall'Iraq si è creato un corridoio jihadista, attraverso l'Egitto e lo Yemen, che ha penetrato la Libia e in parte la Tunisia. Da lì i terroristi islamici si sono infiltrati nel deserto, minacciando le popolazioni del Sahel. Dal Kenya alla Nigeria fino al Mali, la striscia del Sahara centrale è colonizzata da qaedisti come Boko Haram che, come l'Isis, predicano un islam puro, vivendo di traffici criminali.
Di seguito, la mappa di Lettera43.it del contagio che nel 2013, dai dati dell'Onu, ha provocato il record di 50 milioni di rifugiati dalla fine della Seconda guerra mondiale. La maggioranza dei quali guarda l'Europa.

L'Isis conquista metà Siria e Iraq: Turchia e Iran in allarme

  • La mappa di espansione dei jihadisti dell'Isis, tra la Siria e l'iraq
Rinnegato dalla rete di Osama bin Laden, nel 2013 in Siria l'Isis ha sbaragliato i rivali qaedisti di al Nusra instaurando un emirato islamico con capitale a Raqqa, nell'entroterra nord-orientale.
La conquista di Mosul in Iraq ha allargato il regno dei miliziani di Allah, creando di fatto uno Stato islamico a cavallo tra i due Paesi.
Dalle province occupate dell'al Anbar e Tallafar, attraverso la frontiera, i blindati e i lanciacarri, con le armi dell'esercito iracheno, si sono messi in marcia, oltre Raqqa, verso Aleppo e gli altri territori riconquistati a fatica dalle forze governative. Ma non è solo il regime di Assad a tremare.
INCIDENTI IN TURCHIA. Con 80 ostaggi nelle mani dell'Isis, il premier turco Recep Tayyip Erdogan si mangia le mani per aver finanziato, in cordata con gli emiri del Golfo, gruppi e gruppuscoli di estremisti islamici contro il presidente siriano Bashar al Assad.
Con gli islamisti di al Nusra, addestrati nei campi tra Siria e Turchia, gli scontri al confine sono quotidiani. Ma negli ultimi mesi, anche l'Isis ha sconfinato, spingendo l'esercito a reagire. Non a caso, turchi e iraniani, i due rivali della guerra in Siria si sono ricompattati, spaventati dalle milizie.
IRAN PRONTO A REAGIRE. Erdogan ha accolto ad Ankara il presidente iraniano Hassan Rohani, che, esplosa la crisi in Iraq, ha minacciato di reagire per difendere i «santuari sciiti» e il «territorio nazionale». Al nord, attraverso il confine orientale difeso dai peshmerga turchi, le squadre dell'Isis potrebbero sconfinare in Iran. E accendere le regioni della Repubblica islamica con focolai di estremismo come la polveriera orientale del Belucistan.

Cellule in Libano e in Giordania: il focolaio raggiunge l'Egitto

  • Un check point iracheno, per bloccare l'avanzata dell'Isis.
Senza dimenticare Pakistan e Afghanistan, dove le sacche di jihad non sono mai state debellate. Dall'Asia il terrorismo islamico si propaga negli Stati Arabi mediorientali, accerchiando Israele.
Fortificato dalle armi e dai mezzi iracheni, per l'Isis non c'è niente di più facile che sferrare un'offensiva in Libano e Giordania, provati da anni di guerra in Siria e dall'emergenza profughi.
HEZBOLLAH SCHIERATO. Per creare un cordone sanitario ai confini, l'Iran aveva spedito in rinforzo di Assad i figliocci libanesi di Hezbollah. Con l'avanzata dell'Isis nelle province siriane, in Libano sono riesplosi scontri al confine con gruppi fondamentalisti, che hanno rapito e ucciso. Come l'Iran, Beirut teme inoltre il risveglio di cellule dormienti in casa: fratelli che si uniscano alla jihad irachena.
Altro Paese vulnerabile per attentati terroristici è la Giordania: la monarchia hascemita ha schierato forze aggiuntive lungo i confini con la Siria e l'Iraq, alla notizia della presenza interna di una cellula jihadista con l'obiettivo di instaurare un emirato islamico. Da Amman, l'Isis sconfinerebbe agevolmente in Palestina e da lì, attraverso il Sinai, in Egitto.
LA PARTITA DEL CAIRO. Per scongiurare questo scenario, gli Stati Uniti hanno appoggiato il golpe dei generali al Cairo, relegando ai margini la Fratellanza musulmana. Ma il ritorno alla dittatura militare potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio. Come in Iraq, in Egitto sunniti frustrati potrebbero abbandonare la moderazione, convergendo sull'Isis. Dal 2013, con migliaia di «fratelli uccisi» nella repressione, l'Islam si è radicalizzato. Sequestri, attentati e scontri a fuoco dei «terroristi» contro la polizia sono all'ordine del giorno, anche nelle località turistiche del Mar Rosso.

Dal far west libico al Sahel: islamisti in Kenya, Nigeria e Mali

  • L'espansione di gruppi qaedisti in Africa centrale.
Dal Cairo a Tripoli il passo è breve, come lo fu per il contagio della Primavera araba.
Nel far west libico, come in Egitto, si lotta tra le brigate di militari laici, riciclati del regime, e gli ex ribelli fagocitati dalla deriva islamista.
L'ultimo premier ad interim esautorato era l'islamista Ahmed Maiteeq e il governo ha deliberato che, dal 25 giugno prossimo, la sede del parlamento libico non sarà Tripoli, ma Bengasi, dove l'11 settembre 2012 i terroristi islamici uccisero l'ambasciatore americano Chris Stevens.
MINACCIA PER I CRISTIANI. Ma, mentre al Qaeda nel Maghreb chiama i libici a combattere contro i golpisti dell'ex generale Khalifa Haftar, dalle sabbie a sud di Tripoli, carichi delle armi dei gheddafiani i jihadisti sconfinano negli Stati africani del Sahara centrale, terrorizzando la popolazione cristiana.
Per liberare il Nord del Mali dai qaedisti del deserto, nel 2013 fu necessario l'intervento francese. A tutela dei suoi interessi, Parigi è stata costretta a mandare truppe anche nella Repubblica centrafricana contro il bagno di sangue tra i ribelli musulmani del nord e le milizie di difesa cristiane.
In Kenya, l'ultimo attentato delle milizie islamiche degli Shabaab (cellula somala di al Qaeda) ha fatto 48 morti: i terroristi all'attacco hanno anche rapito 12 donne. Spinti, probabilmente, dallo spirito d'emulazione alla setta islamista di Boko Haram: i qaedisti che, in Nigeria, a maggio hanno sequestrato 276 liceali.
 
Sabato, 21 Giugno 2014
(Lettera 43)

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