Iraq, la denuncia di Human Rights Watch: esecuzioni di massa a Tikrit...

Tra 160 e 190 civili sarebbero stati uccisi dall'Isis nella città natale di Saddam Hussein secondo l'associazione che si occupa di diritti umani. L'esercito iracheno è pronto ad un attacco su larga scala. Isis sempre più vicino a Bagdad. Curdi annettono la città petrolifera di Kirkuk





BAGDAD - Centinaia di uomini uccisi e gettati in fosse comuni. E' la denuncia lanciata dall'associazione Human Rights Watch (Hwr), che ha mostrato le foto delle violenze settarie in atto nel paese in seguito all'avanzata dell'Isis, l'esercito per la creazione di uno stato islamico in Iraq e al-Sham, che ormai controlla buona parte del nord del paese, da Mosul a Tikrit. E' proprio nella città natale di Saddam Hussein che i miliziani fondamentalisti avrebbero compiuto delle esecuzioni di massa documentate da foto e immagini satellitari. 

L'associazione ha spiegato che tra 160 e 190 uomini sono stati uccisi in almeno due località nei pressi di Tikrit tra l'11 e il 14 giugno. Il bilancio dei morti rischia di essere molto più alto, ma la difficoltà nel localizzare i corpi e raggiungere la zona impedisce una indagine completa. Le immagini pubblicate su sito dell'associazione che si occupa di diritti umani mostrano una fila di uomini a faccia in giù in un fossato. "Le foto e le immagini satellitari da Tikrit forniscono la prova di un orribile crimine di guerra che richiede ulteriori indagini", ha detto il direttore di Hwr, Peter Bouckaert, in una nota. Secondo le Nazioni Unite, a giugno almeno mille persone, per la maggior parte civili, sono state uccise e circa lo stesso numero ferite in scontri e altre violenze in Iraq. 

SCHEDA/ISIS, MINACCIA GLOBALE

La situazione umanitaria appare particolarmente difficile anche per i tanti cristiani presenti nel paese, in fuga al nord dalle citttà occupate dai fondamentalisti sunniti: oggi l'arcivescovo siro-cattolico di Mosul, Yohanna Petros Moshe, ha lanciato un appello alla comunità internazionale per la drammatica situazione di Qaraqosh, cittadina dalla quale più del 90 per cento degli oltre 40 mila abitanti, quasi tutti cristiani, sono fuggiti negli ultimi due giorni davanti all'offensiva degli insorti sunniti, che sottopongono l'area urbana al lancio di missili e granate.

L'AVANZATA DELL'ISIS TRA JIHAD E PETROLIO: LA MAPPA

Offensiva dell'esercito a Tikrit. Continua l'offensiva dei jihadisti verso Bagdad: i miliziani si trovano a un'ora di auto da Bagdad e si sono attestati nelle ultime ore a Mansuriya, nella regione orientale di Diyala nel nord-est del Paese, secondo quanto riferisce la tv al Arabiya. Ieri a Tikrit, da due settimane in mano ai ribelli, un blitz delle forze governative all'interno del campus universitario ha portato le forze speciali dell'esercito a prendere il controllo dell'università lungo le rive del fiume Tigri. Le forze di sicurezza irachene stanno cercando di costringere alla ritirata i miliziani islamisti dell'Isis preperandosi a un attacco su larga scala. Sul fronte diplomatico si registra l'iniziativa del ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari, che oggi ha inviato una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nella quale chiede sostegno urgente al suo paese per fronteggiare la minaccia dei jihadisti sunniti.

Curdi annettono Kirkuk. A complicare il quadro geopolitico ci sono le rivendicazioni dei curdi, sempre più orientati verso una secessione dall'Iraq. Oggi il presidente del Kurdistan iracheno, Massud Barzani, ha avvertito che i curdi manterranno il controllo della città petrolifera di Kirkuk e delle altre città che hanno difeso dall'offensiva jihadista dell'Isis. Il centro petrolifero, che secondo gli esperti dispone del 2% delle riserve mondiali, è da sempre rivendicato dai curdi. "Siamo stati pazienti per 10 anni con il governo federale perchè risolvesse la disputa", ha dichiarato Barzani nel corso di una conferenza stampa congiunta a Erbil con il ministro degli Esteri britannico, William Hague. 

Le trattative politiche. Proseguono anche le trattive politiche per la formazione del nuovo governo: la posizione del premier al-Maliki sembra sempre più debole, dato che anche i partiti che compongono la coalizione sciita al governo a Bagdad avrebbero deciso di scartare l'ipotesi di un suo terzo mandato. In questo quadro arriva l'appello della guida religiosa sciita dell'Iraq, l'Ayatollah Ali al-Sistani, affinchè tutti i blocchi politici del Paese si accordino sul prossimo primo ministro prima di martedì, quando si insedierà il nuovo Parlamento scelto nelle elezioni del 30 aprile scorso.
(R.it)

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