Siria, la tivù si Stato: civili a Homs «liberata dai ribelli» I media di Damasco celebrano il «ritorno a casa» degli abitanti....





Centinaia di civili siriani sono tornati sabato 10 maggio nel centro storico di Homs, ex roccaforte dell'esercito ribelle, per ispezionare le loro case - in gran parte distrutte - dopo l'evacuazione dell'opposizione seguita al lungo assedio dalle forze lealiste.
L'esercito siriano è entrato venerdì 9 maggio per la prima volta da oltre due anni nella città vecchia di Homs, nel centro del Paese, dopo il ritiro degli ultimi ribelli anti-regime. I civili, con le loro famiglie, sono entrati nel centro storico della città in bicicletta o in moto per vedere ciò che resta delle loro abitazioni e dei loro negozi a causa degli intensi bombardamenti da parte delle forze governative.
IMMAGINI D'IMPATTO DEI MEDIA UFFICIALI. I media ufficiali di Damasco hanno usato immagini d'effetto per sottolineare «la gioia di centinaia» di abitanti come una bambina con un peluche rosso in mano di fronte alle rovine della «sua casa» distrutta, e due preti ortodossi in una chiesa danneggiata «dai terroristi».
UN ASSEDIO DURATO DUE ANNI. Un tempo primo polo industriale nel centro del Paese, Homs è stata sin dal 2011 la roccaforte della protesta popolare anti-regime, repressa nel sangue e in seguito trasformatasi in rivolta armata, alimentata dall'ingresso nel Paese di jihadisti sunniti stranieri e sedata in parte in questa regione dall'intervento decisivo dai jihadisti sciiti libanesi filo-iraniani. L'assedio durato più di due anni portato dalle forze lealiste al centro storico della città e durante il quale sono morte - anche per fame e sete - oltre 2 mila persone, si è di fatto concluso solo il 9 maggio, dopo che gli ultimi irriducibili miliziani si sono ritirati fuori la città in base a un accordo che ha previsto, tra l'altro, la liberazione di 45 tra civili e militari siriani e un iraniano.
L'AGENZIA SANA: «TERRORISMO SCROLLATO VIA». L'agenzia Sana e la tivù di Stato hanno dato ampio spazio alla notizia del «ritorno a casa», mostrando cortei di «abitanti di Homs», tra cui intere famiglie che con macchine fotografiche alla mano e giocattoli sotto braccio «ispezionano le loro case distrutte» nel solo quartiere di Hamidiya. «Homs si scrolla la polvere del terrorismo e torna sicura nel grembo della patria», ha titolato l'agenzia Sana. «La volontà della vita è più forte», ha ripetuto il conduttore del telegiornale di Stato. Si è esaltata «la gioia per la vittoria» in una città per decenni abitata da una borghesia sunnita e cristiana, ma la cui presenza è stata - forse per sempre - cancellata dalla guerra e dalla pulizia confessionale operata in modo sistematico in una regione chiave: cerniera tra Damasco e la zona costiera dominata dai clan alawiti - branca dello sciismo - a cui appartengono i clan al potere.
LA TIÙ DI STATO ESALTA IL «RITORNO DEI CRISTIANI». I resoconti ufficiali odierni sembrano indirizzati all'opinione pubblica occidentale, interessata alla sorte dei cristiani. E sono impregnati di confessionalismo, nonostante il regime si presenti da decenni come «laico». I reportage della tivù di Stato e della Sana hanno esaltato «il ritorno dei cristiani», mostrano la chiesa danneggiata di Santa Signora della Croce, intervistano la cristiana Juliette Rahhal, il rappresentante del vescovato siriaco-ortodosso di Homs Padre Butros Qassis e il prete Zahri Khazul. Si è data parola al sunnismo ufficiale interpellando lo shaykh Issam al Masri e la sunnita Ghada al Akhrass (della stessa famiglia della first lady Asma), ma si è ignorata del tutto la distruzione della Moschea Khaled ben Walid, icona di Homs e pesantemente danneggiata dai bombardamenti del regime e dall'artiglieria di Hezbollah.
NON CONFERMATA NÉ SMENTITO IL RITROVAMENTO DI FOSSE COMUNI. I media ufficiali non hanno confermato né smentito le notizie del ritrovamento di fosse comuni a Homs, anche se nelle settimane e nei mesi scorsi più volte gli attivisti della città avevano denunciato simili scoperte. Il governatore Talal Barazi ha ammesso che il quartiere periferico di al Waar, dove molti miliziani si sono rifugiati assieme a profughi della città, non è ancora bonificato. Le sue parole sono raccolte mentre visita il convento dei gesuiti, proprio dove è sepolto il corpo di Franz Van Der Lugt, l'anziano prete olandese ucciso lì nelle settimane scorse in circostanze mai chiarite.

Sabato, 10 Maggio 2014
(Lettera 43)

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