La Siria verso il voto...



                                          Siriani votano a Beirut, Libano


Il 3 giugno si aprono i seggi in un Paese in guerra da tre anni. L’opposizione sostenuta dall’Occidente chiama al boicottaggio, ma sono stati tanti i siriani all’estero ad avere votato, soprattutto in Libano. In due sfideranno Assad

Nena News – Quando mancano tre giorni all’apertura dei seggi per le presidenziali, una parte dell’opposizione torna a esortare i siriani a disertare le urne da cui uscirà certamente vincitore il presidente Bashar al Assad, secondo le previsioni praticamente unanimi degli analisti. È il comandante dell’Esercito siriano libero (Esl), il generale Abdullah al-Bashir, a parlare in un video in cui definisce il voto una “grande menzogna”, non diversa dai “referendum del passato”, come i plebisciti che hanno consacrato al potere gli Assadi.
Un giudizio condiviso dagli alleati occidentali, il cosiddetto gruppo degli “amici della Siria” (i membri della Nato Turchia, Germania, Regno Unito, Italia, Stati Uniti e i Paesi del Golfo Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar e poi Giordania ed Egitto), che hanno cercato di ostacolare le operazioni di voto, iniziate mercoledì scorso per i siriani residenti all’estero. Francia, Germania, Belgio e i Paesi del Golfo hanno proibito il voto, mentre le ambasciate siriane di Stati Uniti e Canada sono state costrette a chiudere, impedendo così la  partecipazione alla tornata elettorale. Tutto per ragioni di sicurezza.
In Libano, invece, Paese che subisce sulla propria economia e stabilità politica i contraccolpi della guerra in Siria e che ha accolto circa un milione e mezzo di siriani, l’affluenza è stata così alta (decine di migliaia di persone) che l’apertura dei seggi è stata prolungata. Un fatto piuttosto ironico, ha notato Rick Sterling, del Syrian Solidarity Movement, su Countepunch, considerato che negli stessi giorni il governo egiziano prolungava la tornata elettorale per la ragione opposta: bassissima affluenza. Nel Paese dei cedri, come in Giordania, ci sono state anche le proteste dei sostenitori dell’opposizione, e qualche tafferuglio davanti alle ambasciate.
Bisognerà però aspettare la prossima settimana, il 3 giugno, per capire quale sarà la partecipazione a una tornata elettorale che si tiene in un Paese in guerra da tre anni, con quasi tre milioni di persone fuggite all’estero e cinque milioni di sfollati interni, devastato dai combattimenti tra le truppe fedeli ad Assad, aiutate dai miliziani del movimento sciita libanese Hezbollah, e i diversi gruppi dell’opposizione, tra cui anche fazione di stampo jihadista.
È delle ultime ore la notizia dell’evacuazione di Idlib, città della Siria nord-occidentale, dove domenica scorsa un ribelle cittadino statunitense si è fatto saltare in aria, il primo “martire” americano tra i tanti combattenti stranieri unitisi ai jihadisti o ai qaedisti. Formazioni armate, foraggiate spesso dai Paesi del Golfo, che si scontrano anche con gli altri gruppi di opposizione più laici, sostenuti dall’Occidente. Da Iblid sono andate via centinaia di persone in seguito alla richiesta di lasciare la città entro ieri. Alcuni temono un attacco dei ribelli, mentre altri sostengono che le strade saranno chiuse in vista delle elezioni. Le notizie dalla Siria sono poche e difficili da verificare. Intanto la città settentrionale di Aleppo è martoriata dagli scontri e dai bombardamenti con le micidiali bombe barile che, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, dall’inizio della settimana hanno fatto almeno 70 vittime. Quasi duemila i morti da gennaio, sempre secondo l’organizzazione con sede a Londra. Notizie di esecuzioni sommarie, torture, detenzioni arbitrarie e stragi sono ormai all’ordine del giorno.
Negli ultimi mesi la situazione sul campo si è modificata. Sebbene i ribelli occupino ampie porzioni di territorio, le forze governative hanno riguadagnato terreno e Assad cerca la consacrazione del popolo per restare al potere, mentre diverse potenze occidentali lo vorrebbero fuori dai giochi. Difficile immaginare come potranno svolgersi le operazioni elettorali in Siria mentre si continua a combattere, come si garantirà la trasparenza e la sicurezza delle operazioni voto,  ma per la prima volta non saranno elezioni a partito unico, in base a una modifica costituzionale del 2012. A marzo il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale che per la prima volta apre al multipartitismo, anche se vieta la candidatura a chi ha doppia cittadinanza (molti oppositori che vivono nella diaspora). Gli sfidanti del presidente sono il comunista Maher al Hajjar e l’uomo d’affari Hassan al Nouri, entrambi hanno con scarse possibilità di battere Assad.



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