La testimonianza choc: un ‘calvario’ da 5mila dollari...
Sono stati localizzati nel Canale di Sicilia, uno dei tanti barconi carichi di migranti in cerca di speranza. Le storie e i drammi sono quelli di sempre, ma ogni volta lasciano l’amaro in bocca per la disumanità che si nasconde dietro la tratta dei disperati che raggiungono le coste italiane. Questa la testimonianza diretta di un siriano che ha raccontato alla polizia la sua odissea che si è conclusa con i soccorsi da parte di una nave della Marina Militare Italiana. L’uomo è particolarmente arrabbiato con gli scafisti e le organizzazioni criminali che speculano sulle loro disgrazie. Ecco il suo racconto integrale:
“Ho lasciato la Siria unitamente alla mia famiglia da un anno e mezzo a causa dei disordini ancora in atto, sono entrato in Libia dove ho preso in affitto una piccola abitazione dove è nato il mio terzo figlio che ad oggi ha soli 3 mesi.
In Libia ho effettuato svariati lavori per mettere da parte la necessaria somma per il trasferimento della mia famiglia in Italia ed unicamente in tale territorio, desiderio questo che rientrava nei miei obiettivi già prima di lasciare la mia nazione natia in quanto volevo raggiungere il Nord Europa. In più occasioni, nel corso della mia permanenza in Libia ho contattato soggetti appartenenti alle organizzazioni dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina via mare verso l’Italia, ma da un punto di vista economico e per via dei miei figli non potevo aderire.
Ho quindi pazientemente atteso fino a quando non ho accumulato la necessaria somma che era di 5.000 dollari USA per il trasferimento clandestino di tutta la mia famiglia.
Mi hanno fatto alloggiare un’abitazione fatiscente ove erano presenti 3 numerose famiglie siriane nonché una donna di nazionalità tunisina. Appena ho fatto ingresso in quella struttura ho dovuto corrispondere la somma pattuita per il viaggio. Nessuno di noi poteva uscire dalla casa così come avevano ordinato gli organizzatori ed eravamo sempre vigilati.
Bastava poco per far si che gli addetti alla vigilanza si scagliassero violentemente contro di noi all’interno della struttura ed in particolare contro di me. Sin dal mio arrivo nella struttura mi hanno picchiato solo perché ho guardato la donna tunisina mentre questa lasciava definitivamente la casa. Mi hanno picchiato ancora perché ho chiesto di poter lasciare la casa in quanto non volevo più partire per l’Italia e mi hanno risposto “chi entra qua non esce più”.
Finalmente il 24 aprile scorso alle 4 del mattino, nella casa giungeva uno degli organizzatori che faceva salire me e tutta la mia famiglia nonché un’altra famiglia composta da 6 soggetti, di cui 4 bambini, sulla sua grossa auto per portarci in un capannone e farci accedere all’interno di questo.
Il capannone era di notevoli dimensioni e all’interno di esso vi erano stati concentrati tutti i soggetti che dovevano imbarcarsi alla volta dell’Italia che mi dicevano di essere li da settimane. La partenza dal capannone avveniva poco tempo dopo dal mio sopraggiungere nello stesso. A bordo di furgoni venivano portati su una spiaggia vi si trovava un grosso gommone sul quale, a gruppi, venivamo fatti salire per poi, raggiungere un peschereccio.
L’affollamento sul peschereccio era incredibile eravamo messi uno sopra l’altro e faticavamo a muoverci. Inizialmente le condizioni del mare erano buone, poi, con il passare del tempo, le stesse peggioravano fino a raggiungere livelli tali da rappresentare pericolo di vita per tutti quanti noi ed io temevo per i miei figli.
Il viaggio aveva una durata di circa 22 ore ed intorno alla ventesima ora i due scafisti hanno chiesto soccorso; il più giovane dei due ebbe a dire che aveva richiesto “agli italiani” soccorso. Il peschereccio imbarcava acqua a causa di una falla allo scafo.Dopo circa 3 ore dalla richiesta di soccorso su quel punto di mare giungeva una nave militare italiana sulla quale tutti quanti venivamo trasbordati.
A bordo del peschereccio vi era solo dell’acqua niente cibo. A nessuno di noi è stato distribuito da mangiare!
Non vi erano dei mezzi di salvataggio a bordo del peschereccio, tranne per chi aveva pagato di più per averli, era un servizio aggiuntivo”.
(Blog Sicilia)
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