Siria: stallo su Homs,donne e bambini ancora in trappola A Ginevra no regime a transizione. Brahimi, si va avanti...


                                    SIRIA: ATTESA PER HOMS, MA IL REGIME RIFIUTA LA TRANSIZIONE

(di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - BEIRUT, 28 GEN - Centinaia di donne e bambini, musulmani ma anche cristiani, abitanti della città vecchia di Homs, assediata da un anno e sette mesi dalle forze del regime di Damasco, rimangono intrappolati nei martoriati quartieri solidali con la rivolta a causa dell'assenza di garanzie da parte delle forze lealiste. Dopo che a Ginevra la delegazione del regime siriano aveva accettato di permettere l'evacuazione di donne e bambini, dai colloqui svizzeri l'inviato speciale dell'Onu e della Lega araba per la Siria, Lakhdar Brahimi, ha confermato ieri sera che "nessuna decisione è stata ancora presa sui convogli umanitari" destinati a Homs. Il ministro degli esteri italiano Emma Bonino aveva salutato con favore la notizia del via libera governativo. "E' un primo segnale che necessita ancora di qualche passo in più", aveva detto Bonino, insistendo sulla necessità di consentire "l'accesso umanitario perché arrivi qualcosa di tangibile al popolo siriano". Ancora ieri mattina i negoziati - sempre in fragile equilibrio - sembravano sul punto di fallire. La Coalizione dell'opposizione ha accusato gli inviati di Damasco di voler ignorare la questione della transizione politica, che invece era all'ordine del giorno. La delegazione governativa aveva presentato un documento sulla "la necessità di mantenere tutte le istituzioni e le infrastrutture dello Stato" che l'opposizione ha rifiutato di sottoscrivere. Ma dopo il muro contro muro, le due delegazioni hanno espresso la volontà di andare avanti. "Apparentemente c'è la volontà di proseguire i negoziati", ha poi confermato Brahimi in conferenza stampa, pur ammettendo di non essersi "mai aspettato un miracolo". Il negoziatore algerino, che ha tempo fino a venerdì prossimo per portare a casa qualche risultato concreto, ritenterà oggi di parlare con le parti sulle "procedure" per discutere anche della composizione dell'organo esecutivo. Sul terreno, sono giunte notizie dai sobborghi di Damasco della morte per fame e sete di almeno quattro persone, tra cui un bimbo di appena un anno. Le fonti hanno fornito le generalità complete delle vittime e video delle loro salme sepolte a Hajar al Aswad e nel vicino campo profughi palestinese di Yarmuk, entrambi sobborghi a sud della capitale. Le notizie pervenute da Homs sono ancora più sporadiche e impossibili da verificare in modo indipendente. La città è divisa in tre parti: una zona a maggioranza alawita (la branca dello sciismo a cui appartengono i clan al potere da mezzo secolo), una zona di mezzo abitata ancora da sunniti ma presidiata dalle truppe del regime e dalle milizie sciite libanesi Hezbollah, e il centro storico dove rimangono circa 300 famiglie, tra cui alcuni nuclei cristiani, e un pugno di irriducibili armati. Contattate dall'ANSA via Skype, fonti presenti nella parte di Homs controllata dal regime affermano che "i civili del centro storico non sono sicuri di uscire allo scoperto. Aspettano di capire quale dovrebbe essere il loro destino una volta fuori. Ma su questo nessuno ha dato garanzie", hanno detto le fonti. Dal canto suo, il governatore di Homs, Talal Barazi, citato dall'agenzia ufficiale Sana, ha affermato che "da quattro mesi è pronto il piano di evacuazione di donne e bambini dalla città vecchia, ma si attende una risposta dall'Onu". Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) da Ginevra ha fatto sapere che finora il regime di Damasco non ha però predisposto nessuna misura per lasciar entrare i convogli umanitari nella parte vecchia della città. Una fonte della Mezzaluna rossa siriana presente a Homs, contattata dall'ANSA via Skype, ha confermato che "12 camion di aiuti della Croce Rossa, della Mezzaluna rossa e del Programma alimentare mondiale (Pam)" sono in attesa di consegnare i loro aiuti. "La colpa è dei gruppi terroristici", ha però detto il governatore Barazi, in riferimento agli insorti anti-regime. Sempre da Homs è salito l'accorato appello di padre Frans van der Lugt, gesuita olandese e ultimo europeo rimasto nella zona assediata. "Insieme ai musulmani viviamo in una situazione difficile e dolorosa e soffriamo di tanti problemi. Il maggior di questi è la fame", afferma padre Frans. "La gente non trova da mangiare. Niente è più doloroso che vedere le madri per strada in cerca di cibo per i loro figli"...

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