Il pianto di una madre siriana per la figlia morta di stenti...




13 novembre 2013 – Mliha, Al Ghouta, periferia di Damasco
L’urlo disperato di una madre rompe un silenzio che dura da oltre un anno.
Un anno che avrebbe potuto essere il più bello della sua vita, quello della nascita della sua bambina. Un anno, invece, passato sotto la minaccia di un’arma silenziosa, invisibile, per questo ancor più subdola e pericolosa: l’assedio.
Un anno di privazioni, di stenti, di malattie in cui la neonata ha patito sofferenze atroci, che l’hanno portata fino alla morte. Giorno dopo giorno la madre l’ha vita perire e ha perito insieme a lei, l’ha tenuta in braccio bagnandole il viso con le sue lacrime, sussurrandole all’orecchio il suo amore e la sua impotenza, cullandola per farla addormentare mentre la fame le mordeva lo stomaco. Anche i medici non hanno potuto nulla, sotto assedio anche loro e senza strumenti, né farmaci utili. Perché l’assedio è questo: è una condanna a morte esecutiva, in cui vengono isolati quartieri e villaggi e non si lasciano circolare le persone e i mezzi e non ci si può fornire di viveri e medici ali.
Ora che le piccola ha smesso di soffrire, alla madre non resta che il dolore, un dolore insopportabile, disumano, un dolore che in quell’urlo disperato denuncia l’ingiustizia di questa situazione, la crudeltà senza limiti di un regime che sta mettendo in pratica la condanna a morte che ha scritto per quello che dovrebbe essere il suo stesso popolo, reo di aver chiesto libertà… Un pianto di denuncia contro l’immobilismo della comunità internazionale… contro i venditori di parole, contro chi calpesta i corpicini esanimi di questi innocenti in nome del denaro e del potere.
Un pianto che dovrebbe aprire e chiudere i colloqui di “pace” dei “potenti” del mondo… ma nei “potenti” non resta alcun barlume di fiducia… resta però la fiducia nelle persone che hanno una coscienza, negli ultimi, coloro che si mettono nei panni di questa madre al capezzale di sua figlia e urla per il suo amore strappato con così tanta crudeltà…

Non consegniamo questo dramma all’oblio...

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