E’ solo l’ennesima storia di un bimbo che muore – da non leggere...


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Ancona, Italy – Idlib, Syria
Il telefono squilla. Finalmente, oggi le linee funzionano. La prima telefonata va a vuoto. Riprovo più tardi. Squilla… stavolta rispondono.
Frasi di rito …  ”Come stai, come sta tua moglie? Grazie della foto su whatsApp, sono felice che i bimbi ora abbiano i banchi… “.
“I bambini chiedono di te, si ricordano tutti di te. Quando torni? Dai non metterci tanto; portateci vestiti e coperte se potete, è arrivato il freddo anche qui… Ricordi Fawzi?”. ”Sì… “
“Fawzi si è spento ieri. Abbiamo fatto il suo funerale stamattina. L’abbiamo seppellito nel nuovo cimitero, quello sotto gli ulivi. Sono venuti anche dai campi vicini per la preghiera. Ci sei ancora?”
Chiudo il telefono senza rispondere. Sbatto il pugno sul muro… Comincio a fare su e giù per il corridoio come un felino in gabbia… avanti e indietro alla ricerca di un punto dove fermare i miei pensieri e fermarmi. La notte non riesco a dormire, sono agitata, vedo tende spazzate via dal vento, fango, sento piangere, sento un rantolio incessante… La mattina metto tutto in stand by perché c’è la normale vita da vivere, il lavoro, gli impegni. Non posso rovinare la giornata a qualcuno raccontando questa storia, la gente è stufa di me e della Siria… Cerco di mettere in sospensione quella parte di me che, invece, mi perseguita come un’ombra… Fawzi è morto..
Sì che lo ricordo Fawzi. Uno dei bimbi del campo profughi; lo ricordo per i suoi occhioni nocciola, per il suo corpicino gracile,  e per qualcosa che ci accomunava: l’asma. Lo ricordo sdraiato su quel materasso senza lenzuolo, il naso che colava, il respiro affaticato, lo sguardo spento, come se fosse già stufo di vivere, di soffrire e lottare a soli 6 anni. Ricordo le parole della  madre: “mi dicono che crescendoinshAllah  – se Dio vuole – migliorerà…”. Ma come avrebbe fatto a migliorare in quelle condizioni, in mezzo alla polvere, in mezzo a quel proliferare di malattie…
Fawzi è morto. E’ inutile che scriva un articolo. Non è una notizia. Ogni giorno ci sono storie di bambini che muoiono e io stessa ogni giorno ne racconto alcune… ma le dita si muovono sulla tastiera e il cuore detta, e la rabbia dei pugni chiusi sbattuti sul tavolo e la stanchezza degli occhi che di notte scrutano il soffitto e il senso di impotenza e di frustrazione e la voglia di dire basta mi portano qui…
E’ solo l’ennesima storia di un bimbo che muore – da non leggere.

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